Pescara, moschea in via Pisa? Monta la polemica tra politica e Facebook VIDEO-FOTO

Pescara. Semplice associazione culturale o una vera e propria moschea? Si alza la polemica sui locali di via Pisa dove si riuniscono, per pregare in occasione del Ramadan, decine e decine di extracomunitari. Il padre della consigliera comunale Alessandrini posta il video e si apre la battaglia politica.

In realtà non è una novità che in via Pisa esiste un’associazione culturale islamica, la An Noor, dove da anni decine e decine di africani e nordafricani, molti dei quali proprietari delle bancarelle che insistevano nella vicina area di risulta fino a pochi mesi fa, si riuniscono per pregare in occasione del periodo santo del culto islamico.

Il caso, però,  è esploso negli ultimi giorni, da quando Luciano Alessandrini, padre della consigliera comunale del Movimento  5 Stelle, Erika, si è fatto portavoce della protesta di alcuni residenti della zona preoccupati dalle eventuali ricadute sulla sicurezza del quartiere. Ciò che lamentano gli abitanti di via Pisa, elencati anche in una lettera inviata alle istituzioni, sono i comportamenti “incivili” di chi frequenta la presunta moschea: biciclette legate ai cancelli condominiali, l’occupazione degli androni per  togliersi o rimettersi le scarpe prima e dopo la preghiera, ma, soprattutto, l’affluenza contemporanea di decine e decine di persone, senza nascondere il riferimento alle recenti stragi terroristiche e ricevendo accuse di razzismo.

Alla discussione, consumata su Facebook tra foto e video, si è legata la protesta di Forza Italia, con i consiglieri comunali D’Incecco, Antonelli e Rapposelli che hanno presentato un’interrogazione al sindaco per far luce sul rispetto delle norme di sicurezza. A questi ha fatto seguito la risposta del gruppo Sel, con Santroni, Martelli e i coordinatori cittadino e provinciale Ettorre e Licheri: “Una sentenza del Consiglio di Stato” riportano in una nota, “afferma che non vi è necessità del cambio di destinazione dell’immobile in edificio di culto qualora il luogo si presti anche ad attività culturali e, tra gli altri scopi, organizzi anche preghiere individuali e collettive. Ovvero che non eserciti in maniera esclusiva e aperta al pubblico l’attività di culto. Resta intesto”, aggiungono, “che è necessario preoccuparsi delle condizioni igenico-sanitarie e di sicurezza di tutti i locali in cui si svolgono attività che prevedono un flusso di persone; resta in capo ai rappresentanti legali delle medesime preoccuparsi del rispetto delle normative in materia”.

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