Se le ultime analisi dell’Arta sulle acque di balneazione riportano livelli di escherichia coli oltre le 5700 unità per 100 millilitri, quando la norma ne prevede al massimo 500, non è certo colpa del mare. E nemmeno del fiume, piuttosto di chi lo sporca e getta, da un corso all’altro, immondizia liquida nell’Adriatico.
La scoperta di un frantoio a Chieti Scalo, sequestrato perché mediante una condotta sotterranea scaricava gli scarti della spremitura delle olive in un fosso collegato al fiume, è solo l’ultima nella folta schiera dei colpevoli: l’intensificazione dei controlli da parte della Guardia Costiera sull’intera asta dell’Aterno-Pescara, eseguiti anche nell’ambito della convenzione stipulata con il Comune di Pescara e l’Arta Abruzzo e in collaborazione con il Corpo Forestale dello Stato, ha già permesso di passare al setaccio decine di chilometri di argini fluviali nelle province di Pescara e Chieti, nonché numerose attività industriali commerciali.
Tutti investigati per risalire alle cause del forte inquinamento, in atto da anni e ufficialmente riscontrato nei controlli finalmente diventati sistematici. Ed è nell’ambito di tali verifiche che si è scoperto che tra le numerose violazioni accertate ci sono quelle di chi, istituzionalmente, è incaricato a tenere a bada l’inquinamento.
Si va – riferisce la Capitaneria di Porto di Pescara – dall’insufficiente funzionamento del depuratore di Chieti Scalo, per il quale sono stati rilevati superamenti dei previsti parametri nelle acque di scarico, al riscontro dell’inadeguatezza dell’impianto fognario di Pescara che, in caso di banale mancato funzionamento delle proprie pompe di sollevamento (magari dovuto al black out di un contatore elettrico per un semplice sbalzo di corrente, o a causa dell’avaria che interessa i propri sistemi di allarme, quelle che dovrebbero segnalare il mancato funzionamento delle pompe), che automaticamente discarica le acque non depurate nel fiume.
Numerosi anche gli abbandoni di rifiuti, pure pericolosi, perpetrati da privati e segnalati alle autorità competenti alla bonifica. Decine i campionamenti eseguiti sulle acque stesse del fiume e sugli scarichi e fossi ad esso convogliati, nonché sui terreni limitrofi per accertare il possibile rilascio di sostanze contaminanti.
Partendo dall’elenco delle autorizzazioni allo scarico rilasciate dai competenti uffici delle Province di Pescara e Chieti, non senza le ovvie difficoltà, in parte dovute all’impervietà dei luoghi, spiega ancora la Capitaneria, si sta insomma procedendo a passare, palmo a palmo, l’intero alveo fluviale per verificare quali siano i motivi dell’esistente forte degrado ambientale.
Gli accertamenti continueranno nei prossimi mesi attraverso la verifica in situ di quanto in parte già assodato a mezzo delle informazioni in vario modo acquisite. E’ infatti stato elaborato un complesso stralcio planimetrico sul quale sono state riportate tutte le anomalie di cui si è già a conoscenza, in parte documentate anche attraverso l’impiego dei mezzi aerei del Corpo di stanza a Pescara stesso (aereo ATR 42 ed elicottero Aw139), entrambi dotati di sofisticatissime attrezzature di scoperta e ricerca delle fonti di inquinamento.
“I militari della Guardia Costiera – conclude la Capitaneria di Porto – attraverso questo impegno sono più che mai determinati a contribuire a migliorare la qualità delle acque di balneazione delle coste Abruzzesi, non mancando al contempo di cambiare in meglio la qualità dei sedimenti dragati dai fondali del Porto canale di Pescara, il cui smaltimento comporta elevatissimi oneri proprio per la presenza di numerose sostanze inquinanti”.