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Montesilvano, blitz delle Fiamme Gialle: 29 arresti per traffico di droga

Un blitz delle Fiamme Gialle di Pescara ha portato all’arresto di 29 persone con l’accusa di traffico e spaccio di droga.

Dalle prime luci dell’alba oltre 120 finanzieri del Comando Provinciale di Pescara stanno eseguendo una ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Pescara Gianluca Sarandrea,  su richiesta della sostituto procuratore pescarese Gennaro Varone, nei confronti di 29 persone (8 in carcere, 11 ai domiciliari e 10 obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria) ritenute i promotori di una vera e propria “holding della droga” molto attiva in Abruzzo e fuori regione. Per l’esecuzione del provvedimento sono stati impiegate  anche 4 unità cinofile e un elicottero MCH 109A NEXUS del Reparto Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza di Civitavecchia – Sezione Aerea di Pratica di Mare, mezzo dotato delle più moderne tecnologie per il controllo del territorio,  in sinergia con i Reparti del Corpo di Teramo, Chieti, Roma, Varese, Torino, Frosinone e Pisa. Le misure oggi in esecuzione si aggiungono ai 21 arresti in flagranza di reato già eseguiti nel corso delle indagini che hanno portato alla denuncia di complessive 93 persone ed al sequestro di circa 39 chilogrammi di marijuana, 3,2 chilogrammi di eroina, 200 gr. di cocaina, nonché di circa 20.000 euro in contanti.

LA ROCCAFORTE DI MONTESILVANO

Le investigazioni delle Fiamme Gialle pescaresi hanno preso le mosse da un sequestro di una piccola quantità di marijuana eseguito a ottobre 2013 nei confronti di un acquirente occasionale che si era rifornito presso il tristemente noto di via Ariosto a Montesilvano, rivelatosi poi, la roccaforte dell’organizzazione. In quella circostanza, l’analisi del cellulare del fermato aveva rivelato importanti contatti che hanno consentito di ricostruire l’intera “filiera” criminale. Oltre ai pedinamenti e ai servizi di osservazione, decisive sono state le intercettazioni telefoniche, risultate oltremodo difficoltose sia perché le conversazioni avvenivano in codice ed in dialetto senegalese “wolof”, sia per l’estrema mobilità degli indagati che, peraltro, erano soliti cambiare molto spesso utenze. In alcuni casi la banda, per sfuggire ad eventuali intercettazioni utilizzava schede telefoniche intestate ad ignari cittadini. Quasi cento le utenze intercettate, migliaia le ore di ascolto ininterrotto per oltre cinque mesi.

IL CAPO DELLA HOLDING NON TOCCAVA UN GRAMMO

 

Con l’operazione odierna è stato disarticolato un sodalizio criminale che gestiva attraverso propri affiliati, veri e propri “responsabili d’area”, un fitta rete di “operai dello spaccio”, quasi tutti di etnia senegalese, capace di coprire tutta l’area metropolitana ed in particolare il litorale adriatico da Silvi a Francavilla al Mare. Sul territorio operava una vera e propria “holding” capace di muovere anche più di 40 chilogrammi di stupefacenti a settimana, gestita da un sodalizio criminale a struttura piramidale: vertice, importatori, grossisti, spacciatori di medio livello e spacciatori da strada. Il soggetto ritenuto a capo dell’organizzazione è Abdoy Mbaye, senegalese di 37 anni residente a Silvi ma domiciliato a Montesilvano, già in stato di arresto per precedenti condanne. Egli gestiva gli enormi quantitativi di droga in arrivo nel circondario pescarese che riusciva a veicolare senza mai toccare personalmente un solo grammo di droga, occupandosi tuttavia in prima persona del flusso di denaro provento dello spaccio. L’organizzazione, capace di instaurare saldi contatti con criminali di etnie diverse (albanese, macedone e magrebina) era talmente spregiudicata ed aggressiva che a 15 affiliati è stata contestata la “recidiva specifica e reiterata”.

ADDESTRATI DA GIOVANI A INGOIARE DROGA

Secondo le indagini l’organizzazione poteva contare su basi logistiche in Senegal, dove lo stupefacente proveniente dal Sud-America veniva stoccato. Interi villaggi della Repubblica africana, probabilmente, si sostentano con il provento del traffico di droga e lì si addestrano, sin dalla giovane età coloro che poi saranno deputati a svolgere la mansione di “ovulatore”, ovvero narco-corrieri che ingoiano ovuli di droga. La permanenza dei corrieri in Italia era sempre di breve durata ed esclusivamente finalizzata a guadagnare il più possibile per poi poter rientrare nel paese di origine. Solo i più intraprendenti hanno tentato la scalata della piramide per diventare, a loro volta, promotori/organizzatori di traffici dal loro paese. Il canale di approvvigionamento degli stupefacenti era diversificato: la marijuana proveniva dall’Albania direttamente a Pescara tramite corrieri albanesi o, alternativamente, reperita a Roma e trasportata a Pescara da corrieri senegalesi. Le droghe pesanti, invece, entravano in Europa dal Belgio, venivano portate a Torino e, da quella città, tramite “ovulatori” di etnia senegalese, arrivavano a Pescara.

LE SPEDIZIONI BENEDETTE DALLO SCIAMANO

Lo sviluppo delle indagini ha permesso di attaccare l’anello superiore dell’organizzazione, oggi sgominata, ed è stata disvelata una imponente rete di persone caratterizzate da un fortissimo senso di appartenenza all’etnia, legate a tradizioni e superstizioni di natura ancestrale. In proposito è stato accertato come i promotori dell’organizzazione, prima di dare il via a spedizioni o trattative aventi ad oggetto stupefacenti, facessero sistematico ricorso ai consigli dello “sciamano”, ovvero connazionale rimasto in Senegal, ritenuto uomo di esperienza, praticante anche arti magiche. Allo stesso sciamano si è rivolto uno degli indagati per segnalare i nomi di alcuni investigatori che lo avevano arrestato.