La drammatica vicenda dell’uccisione di un orso bruno marsicano avvenuta nel settembre del 2014 a Pettorano sul Gizio ha vissuto ieri una seconda puntata, grazie alla quale la Corte d’Appello ha accertato la responsabilità civile dell’imputato condannandolo a risarcire il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e le Associazioni, che si erano costituite parte civile, oltre che a pagare le spese processuali.
Purtroppo, a causa di un vizio di forma, la condanna è solo civile e non penale, ma possiamo comunque dire che è una sentenza storica perché finalmente rende giustizia alla tutela di una specie protetta, riformando in modo sostanziale la sentenza del Tribunale di Sulmona che nel 2018 aveva assolto l’imputato, destando sconcerto e preoccupazione per i possibili risvolti che una tale sentenza poteva avere su chi è poco incline a convivere con la fauna. Infatti c’era un evidente rischio di compiere la generalizzazione secondo la quale uccidere un orso non è un reato, con le gravissime conseguenze che si possono immaginare. Per fortuna così non è stato.
Questa sentenza ha fissato un precedente che lascia ben sperare per un futuro giurisprudenziale più attento alla conservazione di specie protette come l’orso bruno marsicano, simbolo di natura selvaggia e grande valore per la nostra Regione. “È davvero una sentenza storica – afferma il Presidente del Parco Giovanni Cannata – perché riconosce la responsabilità di un cittadino che ha sparato ad un orso, uccidendolo. Il riconoscimento delle responsabilità, oltre a fissare un principio ineccepibile come è il rispetto della vita di un orso, dà conto anche del lavoro investigativo svolto dal personale dell’ex CFS che riuscì a ricostruire tutti i passaggi della vicenda e individuare il responsabile, che non ha mai negato di aver sparato all’orso.
La sentenza è ovviamente anche uno sprone a migliorare l’azione di tutela da parte del Servizio di Sorveglianza del Parco e dei Carabinieri Forestali impegnati nelle aree protette”.