In sede di udienza preliminare i figli della povera donna si sono costituiti parte civile, con il patrocinio dell’avvocato Carlotta Ludovici, al fine di richiedere il risarcimento di tutti i danni subiti, principalmente a titolo di danno non patrimoniale, nello specifico da perdita parentale e morale, attesa l’indiscussa gravità del fatto accaduto, avvenuto in modo tanto repentino quanto assurdo, per evidenti ed inaudite responsabilità altrui.
Il Giudice per l’udienza preliminare ha accolto, quindi, le richieste avanzate dalla Procura e dalle costituite parti civili, rinviando a giudizio il presunto responsabile, al quale vengono contestati più profili di responsabilità sulla scorta della perizia medico – legale elaborata dal Collegio medico peritale incaricato dalla Procura.
La donna di media età, ricoverata al G8 Covid – 19 dell’ospecives di L’Aquila, nel reparto di terapia intensiva, poiché affetta da coronavirus, il 3 novembre 2020, subiva un peggioramento delle sue condizioni di salute durante la manovra di nursing a seguito del quale verosimilmente avveniva lo spostamento della cannula tracheale dalla trachea, e l’imputato invece di rimanere accanto alla paziente per monitorare la medesima, come le linee guida impongono, usciva dalla stanza di degenza per andare a chiamare i medici, chiudendo la porta alle sue spalle. All’arrivo dei medici, la porta della stanza di degenza veniva trovata bloccata e veniva aperta dal personale addetto dopo circa 15 minuti. Tuttavia, nel frattanto, la paziente che era stata lasciata sola, moriva per arresto cardiaco, dovuto a mancata ventilazione polmonare. Dalle indagini preliminari è emerso che la stanza di degenza non doveva essere chiusa dall’infermiere, il quale, invece, doveva restare obbligatoriamente nella stanza per prestare assistenza alla malata, la quale proprio perchè totalmente dipendente non doveva trovarsi sola e per di più in una stanza chiusa, con porta non in vetro.
L’udienza dibattimentale si terrà innanzi al Tribunale di L’Aquila nel mese di giugno.