Un dato che, senza fare allarmismo, è la spia che il virus è ancora diffuso, soprattutto tra i giovani, e che richiede un alto livello di attenzione e periodici controlli della popolazione attraverso test anonimi e gratuiti. E’ stato uno degli aspetti al centro del convegno regionale, svoltosi oggi a L’Aquila, all’hotel La dimora del baco, dal titolo. “‘Attualità e nuove strategie in Hiv”, a cui hanno partecipato i massimi specialisti abruzzesi delle malattie infettive e Gabriella D’Ettorre del policlinico Umberto I Università di Roma.
“Con le nuove cure”, dichiara il dr. Alessandro Grimaldi, direttore di malattie infettive dell’ospedale di L’Aquila e promotore dei lavori, “oggi l’Hiv viene trattato come una malattia cronica ma, per contrastarla al meglio, è necessario che venga individuata nella fase iniziale. In virtù delle campagne di sensibilizzazione si è ridotto di molto il numero di coloro che scoprono tardivamente di essere affetti dalla patologia ma la guardia deve restare alta”. Il test Hiv può essere prenotato tramite il portale regionale www.failtestanchetu.it. Alla data fissata si va in uno degli ospedali d’Abruzzo (all’Aquila il mercoledì) e ci si sottopone all’accertamento. Il test si può effettuare nei reparti di malattie infettive degli ospedali di L’Aquila, Avezzano, Pescara, Chieti, Teramo e Vasto.
Negli ultimi anni, a seguito dei costanti appelli a fare il test Hiv, l’ospedale di L’Aquila è riuscito ad attrarre nell’orbita della prevenzione un’ampia quota di giovani, soprattutto tra 20 e i 35 anni. Si tratta nella maggior parte dei casi di studenti universitari a cui si aggiungono giovani già inseriti nel mondo del lavoro. Dai 14.000 test, compiuti in Abruzzo sulla scia del lavoro di sensibilizzazione, portato avanti dal gruppo regionale di specialisti dei vari ospedali, sono emersi dati significativi di altre malattie importanti, bisognose di altrettanta vigilanza.
“Dallo screening regionale”, aggiunge Grimaldi, “è scaturito che, al 31 dicembre dello scorso anno, 464 persone erano affette da epatite B, 520 da sifilide e 280 da epatite C. Sul campione di 14.000 persone risulta quindi che quasi il 10% (equivalente a 1388) aveva una delle quattro malattie su cui verteva l’indagine medica. E’ un altro riscontro che va tenuto presente e che deve indurre la popolazione ad evitare cali di tensione nei controlli”. Il monitoraggio sulle 14.000 persone (di cui il 20% straniere) ha coinvolto soggetti con un’età media di 40 anni ma con una ‘forbice’ compresa tra 18 e 70 anni. Durante il convegno di oggi è stata fatta un’analisi complessiva su nuove terapie, prevenzione, qualità della vita del paziente, aspetti clinici e farmacologici.