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Trappole illegali per la cattura dei cinghiali: la denuncia del Coisp

L’Aquila. Trappole illegali distribuite dall‘Ente Parco del Gran Sasso-Monti della Laga a ignari agricoltori per arginare il problema, ancora irrisolto, dei cinghiali. A denunciarlo è il presidente del Coisp, Dino Rossi, che ha scritto, tra gli altri, al prefetto dell’Aquila, al Procuratore capo, alla Asl del capoluogo e ai carabinieri del Nas di Pescara.

“Nulla è cambiato per quanto riguarda il problema cinghiali nelle nostre campagne” si legge nella lettera inviata al Prefetto “nonostante il suo impegno nei confronti della Regione, ente competente al mantenimento e al controllo della selvaggina insieme alle Province. Sono passati svariati mesi, ma entrambi non hanno ancora mosso un dito per la risoluzione del problema, tanto che i cinghiali sono diventati così numerosi da arrivare ad invadere anche il parcheggio dell’ospedale dell’Aquila.

Tra poco i campi coltivati inizieranno a dare i primi raccolti e ci ritroveremo al punto di partenza. Nel contempo il Parco Gran Sasso Monti della Laga ha delegato alcuni imprenditori agricoli della a zona al posizionamento delle trappole per la cattura dei cinghiali, all’interno delle arre protette, in merito ad un piano gestionale della specie, in riferimento ad un regolamento mai approvato dal Ministero dell’Ambiente. Le trappole in questione sono illegali sia per la costruzione, sia per la detenzione e l’utilizzo.

L’ente Parco Gran Sasso Monti della Laga, che avrebbe la competenza di tutela della fauna, delega gli agricoltori disperati ad utilizzare metodi illegali per risolvere un problema che in realtà dovrebbero risolvere altri. Da giovedì prossimo dovrebbe partire la mattanza di questi animali, visto che le trappole sono già state posizionate da alcuni agricoltori.

Un intervento, che oltre ad essere illegale, è peggio del bracconaggio, in quanto, in questo periodo le scrofe sono gravide ed alcune si muovono con i piccoli: immaginate cosa accade dentro una trappola una volta avvenuta la cattura. I piccoli vengono massacrati, per non parlare della fine orrenda dei feti in grembo alle loro madri. Una mattanza illegale, legalizzata dall’Ente Parco, con l’aiuto degli ignari agricoltori, che potrebbero ritrovarsi denunciati penalmente, da un qualsiasi cittadino, in quanto la selvaggina è proprietà dello Stato, non del Parco”.

Senza contare che “le trappole sono prive di bollino CE, non rispecchiano le normative sulla sicurezza del lavoro e oggi sono nel mirino delle istituzioni per i gravi incidenti che accadono nel mondo del lavoro e soprattutto nel campo agricolo. Perché sono stati spesi milioni di euro per abilitare i sele-controlllori per il contenimento degli ungulati, per poi attivare un metodo illegale. Questa è la politica abruzzese”.