Ecco il punto di vista di uno dei dipendenti di Abruzzo Engineering: “Se è la condivisione dei diritti universali fondamentali a ispirare il senso d’appartenenza, la desertificazione della società è manifestamente una patologia indotta. E’ molto facile affannare il popolo con prebende, tagli e tagliole. Una volta resolo non autosufficiente economicamente, va da sé che si resta nell’immobilismo fisico e psicologico, in uno spazio mentale, nel quale il potere raduna le fasce più deboli affinché le percentuali da esibire sul risanamento stupiscano claque e pure quei giornalisti che non fanno mai domande. Metafore e iperboli per invasione e occupazione. Così è che si racconta nelle cronache della strana “Casta Integrazione” dei dipendenti della società in house alla Regione Abruzzo, posta in liquidazione a causa di un buco di 19 milioni di euro e finita sotto la lente di ingrandimento delle procure a causa di un intreccio ancora da chiarire con una controllata di Finmeccanica, Selex Se.Ma., sul progetto Sistri. Una settantina di lavoratori di Abruzzo Engineering ha occupato questa mattina (30 aprile 2013, ndr.) la sede del Genio Civile della Provincia dell’Aquila. La contestazione prende spunto dal fatto che il settore dell’ente non riesce a smaltire le migliaia di pratiche accumulate, mentre i manifestanti stessi, che già si sarebbero confrontati con questo problema, sono stati posti in cassa integrazione. Ma, “stranamente”, solo da pochi mesi (ndr.). Una sindacalista dichiara che per i lavoratori della Abruzzo Engineering, impegnati nella cosiddetta ricostruzione, 68 di loro potrebbero essere assegnati al Comune e i restanti alla Provincia. Peccato che nel bollettino occupazionale manchi una precisazione dovuta. La società in liquidazione per ammanchi milionari conta più di 180 dipendenti. Esiste una “Casta” anche per gli “sfigati”?! Di questi, molti sono in cassa integrazione da 28 mesi consecutivi. Per esempio, chi scrive. In questi anni, mentre mia moglie si arrabattava per 400euro mensili con una cooperativa connivente con il potere e accessibile esclusivamente per “padrino preso” (se a qualcuno dovesse stare stretta la complicità con il sistema del clientelismo, si è pronti a fare nomi, cognomi e simboli identificatori dei “padrini del malvezzo”), sono rimasto a casa a occuparmi dei massimi quesiti esistenziali dell’uomo, del Woher kommen wir Wer sind wir Wohin gehen wir (Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?). Certo, non posso nascondere che le zone d’ombra su questo mantenimento attraverso denaro pubblico non abbiano gettato un manto di gelo sulla mia psiche. Vendere tutto l’oro di famiglia. Indebitarsi fino a un collo dove le finanziarie ci soffiano dentro da mattina a sera. Il fatto di avere dovuto mettere in vendita la casa per fare fronte al dissesto finanziario l’ho trovato incontestabilmente sgradevole. Ho subìto in passato ingiustizie che i giornali non hanno reputato degni di interesse. Allora, ho trasformato me stesso, come lo Zelig di Woody Allen, in un reporter. Non sono un professionista delle news. Quindi, spero mi sia condonata una domanda formulata senza essermi documentato prima. In questi due anni e passa di cassa integrazione, pagata con una media di 880.00euro mensili, non avrebbero potuto impiegarmi in lavori di ausilio presso situazioni critiche lavorative, invece di tenermi al caldo e senza nulla da fare?”