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Stupro Pizzoli, Tuccia condannato a 8 anni

L’Aquila. Otto anni di reclusione. È questa la pena inflitta dal Tribunale dell’Aquila a Francesco Tuccia, l’ex militare campano di 22 anni accusato di aver stuprato una studentessa universitaria all’uscita della discoteca “Guernica” di Pizzoli. L’accusa è quella di violenza sessuale, con le attenuanti generiche.

I fatti risalgono alla notte tra l’11 e il 12 febbraio dell’anno scorso, quando la giovane, dopo la violenza, fu lasciata esanime e insanguinata in mezzo alla neve del piazzale del locale e fu salvata dall’intervento di uno degli addetti alla sicurezza, Pino Galli, che, dopo averla soccorsa, allertò il 118.

Ritenuto colpevole dell’accaduto, Tuccia era stato arrestato alcuni giorni dopo e rinchiuso nel carcere di Teramo. Successivamente per lui erano stati disposti i domiciliari.

La giovane, presente in aula dove c’era anche l’imputato, riportò ferite lacero contuse guaribili in 40 giorni.

“E’ stata un’operazione di violenza inaudita” ha detto questa mattina nel corso della requisitoria, durata circa un’ora e mezzo, il pm David Mancini, nel ricostruire lo stupro. L’accusa ha chiesto 14 anni di reclusione per violenza sessuale e tentato omicidio.

I difensori del giovane ex militare hanno invece depositato una consulenza di parte realizzata da Pietrantonio Ricc, direttore della cattedra e della scuola di specializzazione in medicina legale all’Università di Catanzaro, secondo cui la ragazza aveva nel sangue un tasso alcolemico 5 volte superiore al limite consentito.

“Un tasso” si legge nella consuelenza “che conduce alla confusione, al disorientamento, alla perdita della percezione dei colori, delle forme, dei movimenti e del dolore”. Secondo il legale la giovane studentessa non sarebbe stata violentata sessualmente, ma avrebbe preso parte al “Fist Fucking”, una pratica sessuale che prevede l’introduzione dell’intera mano e a volte di due mani all’interno delle parti intime. “A tutto ciò” scrive il consulente “avrebbe contribuito l’azione dell’intossicazione alcolica, molto vicina al coma etilico che da una parte ha annullato la reazione di difesa della vittima e dall’altra avrebbe rilassato gli sfinteri, amplificando le potenzialità lesive della mano sullo sfintere”. “Ancora mi chiedo perché tutto questo è accaduto a mio figlio” ha commentato il papà di Fracesco prima di entrare in aula.

“Non mi sono fatta delle idee sulla possibile sentenza” ha detto invece la mamma della studentessa. “Mia figlia continua a studiare, ha cambiato regione, all’Aquila è stata benissimo, ci ha lasciato un pezzo di cuore, è stata la sua città di adozione. Un ambiente sano. Questa vicenda le ha dato un duro contraccolpo”.