“C’è in alcune comunità – spiega il prefetto – un attivismo, una voglia di fare, che sono insiti. La differenza, storicamente, in Italia, non la fa la quantità di denaro destinato agli aiuti ma la capacità di progettualità di ogni singolo territorio” Quanto ai fondi donati via sms per aiutare le popolazioni emiliane, Gabrielli smentisce le voci circolate negli ultimi giorni. “Nessun blocco per motivi burocratici”, spiega, “quella è una favola. La verità che ci sono 13,5 milioni di euro su un conto della Banca d’Italia. La Regione Emilia Romagna ha mandato 27 progetti. Giovedì il comitato dei garanti li esaminerà. E spero venerdì di dare il via agli accrediti alla contabilità speciale della Regione. Se si avessero sempre tempistiche di questo genere nel nostro paese andremmo tutti un po’ meglio. La regione ha fatto un lavoro accurato, che ha richiesto tempo, ma non c’è un solo elemento che possa essere ascritto alla burocrazia”.
Le dichiarazioni dell’ex prefetto non sono piaciute agli aquilani che hanno reagito duramente, ricordando la situazione del capoluogo abruzzese nell’immediato post-terremoto.
“Se gli emiliani hanno reagito meglio degli aquilani al terremoto, come ha sostenuto stamane Franco Gabrielli, la colpa non è certamente nostra”. A rispondere è il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente. “A differenza dell’Emilia noi siamo stati un popolo commissariato. Sino alla fine di gennaio 2010 c’è stata la protezione civile a cui hanno fatto seguito diversi commissariamenti. Se avessimo avuto una governance diversa, quella che auspichiamo oggi – non avremmo certo perso tutto questo tempo. Purtroppo siamo stati guidati da una serie di Opcm con intese tra il governo e il commissario Chiodi. Gli enti locali sono stati lasciati completamente fuori. Il commissariamento – ha ribadito Cialente – è stato un fallimento. Si sono persi due anni. Noi non abbiamo alcuna colpa”.
“Si può essere così superficiali? Ho lavorato a fianco di Gabrielli per molti mesi e sono veramente delusa e arrabbiata. Come può aver dimenticato le nostre condizioni? Come può dire una cosa così assurda? Reazione migliore? Rispetto a cosa? Ai 309 morti che ancora piangiamo? Al nostro Centro storico bloccato da vergognose procedure imposte dal governo e dal commissario Chiodi? La verità è un’altra. Gli emiliani, persone meravigliose, erano con noi già il 6 aprile e loro sono certa non direbbero mai una cosa come quella detta ingiustamente da Franco Gabrielli”. Così la responsabile nazionale del Pd per la ricostruzione Stefania Pezzopane, commenta le dichiarazioni di stamane dell’ex prefetto aquilano. “Gli emiliani – prosegue Pezzopane – hanno un vero presidente della Regione Vasco Errani che non si è fatto certo togliere con soggiacenza i poteri come ha fatto Chiodi, il nostro inutile e dannoso presidente della Regione, dalla cinica cricca Berlusconi e Co, che scorrazzava con ampio codazzo tra tendopoli e case distrutte. Molti hanno costruito carriere sul terremoto, noi siamo ancora qui col nostro dolore con mille problemi ereditati da un cinismo che per fortuna gli emiliani non stanno conoscendo”.
“Ci chiediamo con che coraggio Gabrielli si permetta ancora di dare simili giudizi su L’Aquila. Noi non abbiamo dimenticato il ruolo che ha svolto l’attuale capo della Protezione Civile nell’immediata emergenza”. Lo afferma il Comitato “3.32”. “Gabrielli non solo era vice-commissario (vice di Bertolaso), ma era anche prefetto, con il compito specifico di vigilare sulle possibili infiltrazioni e speculazioni da parte della criminalità organizzata e delle ‘cricche’ nella ricostruzione. Infiltrazioni e speculazioni che, come ci dicono le indagini della magistratura, sono avvenute indisturbate”.
“Possibile – si chiede il Comitato – che Gabrielli, che condivideva il comando della gestione del post-emergenza insieme a Bertolaso, non si sia accorto di nulla? Forse era troppo impegnato a vietare assemblee e vietare volantinaggi nelle tendopoli, in barba ai più elementari principi costituzionali, o forse era concentrato sulla ‘delicata’ operazione del sequestro delle carriole, o a cercare di reprimere in ogni modo ogni forma di attivismo e partecipazione della società civile che non fosse gradito o complice della loro gestione. Ci chiediamo con che coraggio questa persona affermi oggi che a L’Aquila non c’e’ stato ‘attivismo’ o ‘voglia di fare’. Secondo il Comitato 3.32 “se questa affermazione e’ in parte vera, ciò è dovuto al fatto che la Protezione Civile ha represso e ostacolato, fin dai primi giorni delle tendopoli, ogni forma di volontà di partecipazione attiva, auto-organizzazione e dissenso da parte della popolazione. Fin dall’inizio questo tipo di gestione ha trasmesso il messaggio di ‘stare seduti e buoni’ ad aspettare ‘il miracolo’, di non disturbare o criticare i nostri ‘salvatori’; mentre nel frattempo qualcuno era già al lavoro per riuscire attraverso il piano C.a.s.e., il G8, i puntellamenti, a fare affari sulla nostra pelle”.