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Terremoto L’Aquila, crollo convitto: chiesti 4 anni di carcere per gli imputati

L’Aquila. Quattro anni di reclusione ciascuno. E’ questa la richiesta di condanna avanzata ieri nel corso del dibattimento dai pubblici ministeri Fabio Picuti e Roberta D’Avolio in relazione al crollo del Convitto nazionale in cui persero la vita tre minori a seguito del sisma del 6 aprile 2009, Luigi Cellini, 15 anni, di Trasacco e due stranieri Ondreiy Nouzovsky, (17) e Marta Zelena (16).

Sotto processo per omicidio colposo e lesioni, il preside del Convitto Livio Bearzi e il dirigente provinciale Vincenzo Mazzotta, accusati di omicidio colposo e lesioni colpose. Il preside, infatti, non avrebbe mai sottoposto la vecchia struttura ai restauri. Inoltre non sarebbe mai stato redatto un piano per la sicurezza. A Mazzotta sono mosse contestazioni simili. Tra le accuse al preside la mancata evacuazione dell’edificio realizzato oltre un secolo fa.

Nel corso della sua lunga requisitoria il pm Picuti ha parlato di un “crollo annunciato” perchè contenuto nella relazione tecnica, redatta nel 2005 della società in house della Regione Abruzzo, “Abruzzo Engineering” nella quale si parlava di fessurazioni nell’edificio, lesioni nei solai, infiltrazioni continue d’acqua, che di fatto “avrebbero indebolito l’edificio”.

Il pm ha più volte sottolineato come le parti crollate dell’edificio ed il luogo in cui furono rinvenuti i cadaveri dei giovani convittori fosse lo stesso indicato nella relazione indicato “secondo nella scala di pericolosità’ vulnerabile”.

“Il Convitto” ha detto il pm in aula “era un tugurio, altro che albergo a cinque stelle. Quello che è successo è tremendo, il crollo era stato annunciato dieci anni prima e nessuno ha fatto nulla per evitarlo”.

Per il sostituto procuratore dell’Aquila, “sarebbe bastato un po’ di buon senso da parte di Mazzotta di provvedere alla chiusura dell’edificio, come aveva fatto ad esempio il sindaco dell’Aquila, per le scuole di primo grado, il 5 aprile, quando la città subì una scossa di magnitudo 4. Bastava prendere coscienza che l’edificio non era idoneo all’attività che all’epoca si esercitava, quella di scuola, segnalare agli organi competenti, invece tutto questo non e’ stato fatto, la fatiscenza era acclarata e questo imponeva una segnalazione”. La requisitoria del pm D’Avolio, si è invece incentrata sul ruolo svolto dall’altro imputato, Livio Bearzi, “che per legge aveva il compito di neutralizzare ogni pericolo sul luogo di lavoro, ovvero in cui si trovavano a dormire e a studiare gli alunni. Bearzi non ha assolto agli obblighi”. L’udienza è stata aggiornata al 21 dicembre quando verranno ascoltate le parti civili e le difese.