Pescara. Si allarga il fronte contrario alla megacentrale a biomasse Powercrop che si appresta a sorgere ad Avezzano. Al principale comitato, quello Marsicano-No Powercrop, si sono aggiunti Coldiretti, Cia, Confagricoltura, Wwf, Legambiente e l’associazione ambientalista Fare Verde, per ricorrere al Tar de L’Aquila.
“E’ possibile bruciare 270.000 tonnellate all’anno di biomassa con le relative emissioni di inquinanti nel pieno di una delle aree agricole più produttive d’Italia, il Fucino? A questa semplice domanda, per chi conosce la realtà produttiva di una zona che ha centinaia di imprese agricole e migliaia di agricoltori, la risposta sarebbe piuttosto ovvia, con un ‘no’ secco non certo dettato da ideologia ma da semplice logica”. Questa la considerazione alla base del ricorso presentato dall’insieme di comitati e associazioni dal Tribunale Amministrativo Regionale contro la costruenda centrale Powercrop. Una constatazione che si scontra con il pensiero del Comitato di valutazione di Impatto Ambientale della Regione Abruzzo che ha, invece, approvato megacentrale a biomasse tra le più grandi d’Italia, da oltre 93 MW di potenza termica (32 MW elettrici) con un elettrodotto di collegamento di tensione di 150 kv di lunghezza di circa 4 km. Il tutto nel punto più basso del Fucino, a Borgo Incile, e nel territorio del centro abitato più popoloso della zona, Avezzano.
Per fermare questo progetto si è formata, quinti, un’inedita e quanto mai vasta coalizione che lunedì scorso si è rivolta unita al TAR contro l’autorizzazione della Regione. Il ricorso delle organizzazioni e dei cittadini si aggiunge a quello già presentato dai comuni di Avezzano e Luco dei Marsi. Una grande mobilitazione è, quindi, in atto nel Fucino contro la centrale Powercrop. Una conferenza stampa, questa mattina, ha presentato sia il ricorso sia l’evento: per la prima volta, infatti, in Abruzzo tutte le principali associazioni di agricoltori e di ambientalisti si ritrovano unite a ricorrere al Tar assieme ai cittadini. “Grazie a questa campagna il Consiglio regionale recentemente si è espresso all’unanimità contro la centrale chiedendo al Comitato V.I.A. di procedere ad una nuova valutazione del progetto”, spiegano i rappresentanti, “Evidentemente i funzionari regionali membri del comitato V.I.A. auditi nella preliminare commissione consiliare non hanno convinto i consiglieri regionali circa le motivazioni che hanno portato ad approvare questo progetto. In ogni caso, nonostante il voto unanime del Consiglio regionale, ad oggi le associazioni non hanno ricevuto alcun segnale dal comitato. In via precauzionale hanno comunque deciso di ricorrere al Tar prima che scadessero i termini legali per il ricorso”.
In ogni caso tutte le organizzazioni auspicano che il comitato V.I.A. ritorni presto sui suoi passi, riformulando in senso negativo il parere, come già avvenuto in passato quando sono emerse carenze nell’istruttoria. “In questo caso esistono vizi talmente evidenti da rendere non solo opportuna ma anche obbligatoria una nuova valutazione”spiegano ancora le associazioni. Intanto il progetto iniziale prospettava per la riconversione dello Zuccherificio di Celano un coinvolgimento attivo degli agricoltori del Fucino e, per la localizzazione della centrale, quella dei comuni. “Questi, invece, non sono stati neanche consultati”, spiegano i soggetti ricorrenti, “Per quanto riguarda gli agricoltori in realtà la disponibilità delle organizzazioni agricole è venuta completamente meno allorquando è emerso che una serie di interventi connessi alla riconversione non avrebbero mai visto la luce. Non ci si propone in alcun modo di valorizzare la vocazione agricola del bacino fucense, ma si intende solo avviare un’operazione industriale che – al di là di ogni altra considerazione – appare del tutto inopportuna rispetto alle esigenze degli agricoltori che lavorano nella Piana del Fucino”.
In questo senso, la centrale Powercrop viene ritenuta “estranea e negativa per l’economia della Piana. In primo luogo metterebbe in pericolo le attuali coltivazioni per le notevoli emissioni (ossidi di azoto e di zolfo; IPA ecc.). In secondo luogo perchè non ha senso costruire un simile impianto prima, e anzi in luogo, degli interventi che interessano realmente gli agricoltori (ad esempio la centrale di trasformazione orticola ecc.). Tutto fa presagire, invece, che questo sia l’unico intervento che alla Powercrop interessa realizzare. In terzo luogo le organizzazioni agricole sono state in grado di dimostrare che quest’impianto nulla a che vedere con il “riassorbimento” delle aree fucensi già impiegate per la produzione bieticola; né la società proponente si è preoccupata di fornire un piano degli approvvigionamenti, e, quando è stata costretta a farlo, ha prodotto uno studio del tutto carente da cui non emerge alcun possibile coinvolgimento degli agricoltori nelle filiere. Tra l’altro non si tratta di una piccola centrale a biomasse che, come avviene in altri casi, coinvolge positivamente attività produttive che possono conferire scarti senza provocare grandi problemi ambientali e, anzi, fornendo oltre all’energia elettrica acqua calda per il riscaldamento di abitazioni e aziende. Questa centrale, invece, è di enormi proporzioni e non prevede neanche la cogenerazione (il recupero di parte dell’energia generata per produrre calore, con una migliore efficienza). Il progetto, però, garantirebbe importanti guadagni a chi gestisce la centrale grazie agli incentivi statali per la produzione elettrica”.
Per quanto riguarda gli aspetti ambientali, infine, “nell’esame dei documenti è emerso, tra l’altro, un fatto che farebbe sorridere se non avesse contribuito all’approvazione del progetto. Un impianto di questa rilevanza produce emissioni in atmosfera di inquinanti che interferiscono potenzialmente con la salute dei cittadini e con le produzioni agricole. Il Testo Unico sull’Ambiente prescrive che gli enti devono valutare la qualità dell’aria attorno alla localizzazione proposta per un nuovo impianto prima di concedere l’autorizzazione. I funzionari regionali si sono incredibilmente accontentati di esaminare i dati dei monitoraggi effettuati in montagna, ad Ovindoli (a 1376 metri di quota!) e per un periodo limitatissimo invece che a Borgo Incile che si trova in una conca intermontana a 660 metri di quota in condizioni climatiche totalmente differenti. Inoltre, lo stesso Corpo Forestale dello Stato per iscritto ha negato le tesi della proponente circa l’effettiva disponibilità di biomassa da bruciare. Nel parere del Comitato CCR-VIA non vi è traccia di alcuna controdeduzione a tale parere della Forestale. Inoltre la Powercrop ha prodotto una studio secondo il quale la biomassa (legna da taglio, cascami ecc.) sarebbe reperita in un raggio di 70 km dall’impianto. Al Comitato VIA è sfuggito un particolare di non poco conto: in questo modo si coinvolgono i territori (e le preziose foreste) di 3 parchi nazionali (Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, Parco della Majella e Parco del Gran Sasso e Monti della Laga) e di alcune decine di Siti di Interesse Comunitario, ricadenti anche di altre regioni quali Molise e Lazio. Ebbene, non è stata chiesto il parere obbligatorio degli Enti gestori di queste aree protette né è stata condotta la Valutazione di Incidenza Ambientale per questi siti (peraltro avrebbe dovuto essere una Valutazione di carattere interregionale con intesa tra le diverse regioni coinvolte). Infine si arriva al paradosso che la Powercrop ha addirittura proposto ricorso contro la definizione da parte del Comune di Avezzano della fascia di rispetto della Riserva Naturale del Monte Salviano perchè avrebbe reso più difficile la realizzazione della centrale! Per queste ragioni associazioni e cittadini si aspettano un rapido riesame da parte del Comitato CCR-VIA con un parere negativo che salvi l’ambiente e l’agricoltura da un progetto sbagliato”.
Daniele Galli