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Legambiente contro progetto di centrale a biomasse di Avezzano

Avezzano. Il progetto di centrale a biomasse da costruire ad Avezzano, così come esposto nella “sintesi non tecnica” dello Studio di Impatto Ambientale di Powercrop, risulterebbe inaccettabile per le dimensioni che propone e per le gravi lacune che presenterebbe nell’illustrare l’articolazione della filiera di alimentazione della centrale e gli usi energetici finali. La potenza della centrale proposta (93 MW termici), infatti, implica grosso modo una fornitura annua di circa 170.000 ton di sostanza secca, ovvero 270.000 ton di legna vergine (umidità al 40%). Questo quantitativo dovrebbe provenire in parte da colture dedicate, in parte da residui forestali.

È la posizione di Luzio Nelli, segreteria regionale Legambiente Abruzzo, che ha precisato: “Se il gestore intende godere degli incentivi per la produzione di energia da fonte rinnovabile allora questo materiale deve rispettare la filiera corta e perciò provenire nel raggio di 70 km dall’impianto. Dati alla mano, il territorio non è pronto per soddisfare questo bisogno, perché occorrerebbe almeno un areale di circa 80.000 ettari di bosco. E non si fa cenno agli accordi di filiera e al prezzo di remunerazione per gli agricoltori”.
Questa è solo una delle osservazioni dell’associazione ambientalista sul progetto presentato dalla Powercrop. Inoltre non è esplicitato l’impiego di tutto il calore prodotto, in gran parte dedicato alla produzione di vapore per la turbina da 30 MW di generazione di elettricità, e per il resto si parla di un “eventuale” utente industriale.
“Un progetto simile vorrebbe che si identificasse preliminarmente le utenze effettive del calore – prosegue Luzio Nelli – L’areale di 70 km intorno all’impianto è in grado di garantire un tale approvvigionamento di biomassa senza compromettere gli attuali ordinamenti colturali? E nel caso affermativo, cosa garantisce l’effettiva disponibilità di agricoltori e forestali a un contratto pluriennale con Powercrop? Nel caso di non sufficiente disponibilità degli operatori locali, come intenderebbe Powercrop far fronte al fabbisogno annuo dell’impianto?”
Ecco i criteri fondamentali che secondo Legambiente andrebbero adottati per valutare la sostenibilità di un impianto a biomasse e  fermare gli interventi speculativi:
la filiera corta, per evitare l’utilizzo di biomasse di provenienza estera e, comunque, esterna all’area territoriale di ubicazione degli impianti, senza garanzie di tracciabilità e di uso corretto del suolo;
la piccola dimensione degli impianti, che deve essere tarata sulla disponibilità di biomassa locale, tenendo conto anche di altri impianti presenti o previsti nell’area interessata;
gli standard di rendimento, in modo da favorire la cogenerazione, ossia la produzione sia di energia elettrica sia di calore, contribuendo a soddisfare i fabbisogni locali anche con calore da utilizzare per utenze industriali, attività o reti di teleriscaldamento degli edifici.