L’Aquila. Sono stati stanziati i fondi, immediatamente disponibili, per avviare la lotta biologica anche al Cinipede del castagno e formare gli operatori incaricati di svolgerla nelle aree colpite dall’insetto killer.
Lo rende noto la Coldiretti L’Aquila a seguito della decisione presa dal “tavolo castanicolo” di contrastare la malattia del castagno e proposta nel documento consegnato al Ministero delle Politiche agricole dove si è tenuto l’incontro del tavolo. “Si tratta di un primo risultato positivo per la salvaguardia di un settore importante per l’economia locale – sottolinea la Coldiretti – perché nell’aquilano sono circa duecento le aziende agricole interessate alla silvicoltura e che rappresentano una fetta imprenditoriale con un ruolo economico di rilievo”.
L’avvio della capillare guerra biologica all’insetto avverrà attraverso lo sviluppo e l’accurata diffusione del Torymus sinesi, antagonista naturale del Drycosmus kuriphilus (il Cinipide galligeno del castagno), che rappresenta al momento l’unica strada percorribile per difendere i boschi di castagno. In occasione del tavolo castanicolo, fa sapere inoltre la federazione di agricoltori, è stato chiesto un incremento delle risorse a disposizione per affrontare l’emergenza e compensare la perdita di reddito delle imprese che rischiano di abbandonare i castagneti con pesanti ripercussioni non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale e ambientale. Le azioni per la lotta al killer del castagno prevedono la costituzione di aree di pre-moltiplicazione del Torymus sinesi. Inoltre, sarà compito delle Regioni presentare progetti sulla localizzazione di tali aree, mentre il Ministero provvederà a finanziarli. Previsto, poi, il potenziamento del centro di moltiplicazione dell’Università di Torino DIVAPRA, il primo laboratorio a occuparsi della moltiplicazione del Torymus e, infine, una valutazione sulle linee guida di ricerca tra le quali quella relativa all’adattamento dell’antagonista al territorio, all’incidenza del cinipide sulla produzione di castagne e alle possibili “ibridizzazione” del Torymus sinensis con le specie indigene. “In tal senso, si rende necessaria” conclude la Coldiretti “un’efficace collaborazione con l’Istituto nazionale di economia agraria e con le associazioni presenti sul territorio, che informare gli operatori sulle azioni da intraprendere”.