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Terremoto L’Aquila, vita da sfollati: i “ricatti” della Sge e la denuncia dell’Arcigay

L’Aquila. Continue prove di forza e attacchi senza fine alla popolazione aquilana. Sono queste le motivazione che hanno spinto l’Arcigay de L’Aquila a spezzare il filo del silenzio e a denunciare il “clima di vero e proprio terrorismo “ a cui si assiste da alcuni mesi nel capoluogo abruzzese, che porta ancora negli occhi dei suoi cittadini la paura di quel 6 aprile 2009. “Vittime” di questo forte disagio sono gli sfollati, che da due anni si trovano alloggiati sulla costa abruzzese.

“Abbiamo assistito a uomini che si sono dovuti incatenare davanti ai palazzi della Regione Abruzzo pur di vedere compiuti ed assicurati i propri diritti” dichiara l’associazione. “Ma lo stato di terrore nei cittadini viene dettato probabilmente dall’operato di un ente creato appositamente per dare ‘sostegno’ alla popolazione terremotata: la Struttura per la Gestione dell’Emergenza. Questo ente dovrebbe assicurare la protezione e l’assistenza in particolar modo alle persone più disagiate, fra cui anziani e disoccupati, ma pare che così non sia”.

I malesseri sono cominciati il 14 dicembre scorso, quando  molti aquilani che si trovano sulla costa abruzzese sono stati interpellati dall’ente. “I funzionari in più di un’occasione hanno ‘proposto’, ma a detta di coloro che hanno ricevuto le comunicazioni pare che le proposte siano sfociate quasi in minacce, di scegliere l’opzione di recarsi negli alberghi della provincia aquilana se avessero voluto continuare ad ottenere tale assistenza gratuita e totale. In caso contrario gli sfollati interpellati avrebbero potuto scegliere soltanto l’autonoma sistemazione, con tutti i relativi ritardi vergognosi che tale forma di assistenza comporta. Il ricatto, quindi, consiste nel fatto che chi è alloggiato in residence o alberghi costieri non può scegliere di rimanere dove già si vive da ormai quasi due anni e dove si sta ricostruendo quella vita che gli era stata strappata dal terremoto. La SGE insiste, continua ad interpellare gli aquilani per farli rientrare in una città che non sentono più loro e dalla quale ,per esigenze dovute dall’emergenza, furono cacciati via. Questa è una delle vergogne più sottaciute che si stanno compiendo nei riguardi dei terremotati e spesso queste forzature vengono fatte proprio nei confronti dei cittadini più deboli”.

Per questo l’Arcigay Consoli de L’Aquila, in accordo con l’Arcigay Nazionale, ha deciso di mettere fine al silenzio e iniziare a parlare.

 

“É prioritario il rispetto delle persone che in questi mesi viene a mancare” dichiara il presidente di Arcigay Nazionale, Paolo Patanè. “L’Arcigay è a favore dei terremotati de L’Aquila ai quali in questi giorni viene intimato di lasciare gli alloggi. É’ un chiaro abuso di potere e un’inaccettabile violazione dei diritti umani e civili nei confronti di persone deboli e Arcigay non può accettare che venga ancora perpetuata una tale situazione. Ci batteremo come abbiamo sempre fatto affinché tali diritti vengano riconosciuti”.

“Ci sono tutta una serie di problemi di fondo in questa situazione” commenta poi, Carla Liberatore, presidente dell’Arcigay Consoli de L’Aquila. “Di certo lo Stato sta pagando con ingenti quantità di denaro le sistemazioni alberghiere per gli sfollati, ma ciò che lascia sconcertati è il perché chi sta sulla costa e si sta rifacendo una vita in quei luoghi, con tutte le difficoltà del caso, deve per forza scegliere di tornare in un albergo aquilano; che non ci siano i soliti favoritismi tipici dei soliti mal governi? Il costo di un cittadino sfollato è pari sia sulla costa e sia a L’Aquila, allora, qual è la differenza? Tutta la questione appare proprio come faziosa e abilmente manipolata da chi di dovere e a nulla vale il fatto che i terremotati siano di fatto delle persone e non dei numeri sul tabellone degli altrui interessi. Se lo Stato volesse davvero risparmiare qualche milione di euro, potrebbe ad esempio iniziare a fare due conti in tasca agli sfollati e fare delle differenziazioni per l’assistenza in base al reddito di ognuno e comunque, ‘redditometri’ a parte, le persone sfollate hanno tutto il diritto di rimanere a vivere dove vogliono e tutto il diritto di non perdere alcun beneficio assistenziale perché chi è rimasto fuori dall’Aquila non è un terremotato di serie B”.