Sulmona. Il boss gestiva il clan anche da fuori regione, beneficiando del regime di libertà vigilata a cui era sottoposto, a Sulmona: per lui si sono aperte nuovamente le porte del carcere.
Si tratta di Francesco Mallardo, noto come “Ciccio ‘e Carlantonio”, capo della potente cosca di Giugliano, nel Napoletano. Nei suoi confronti la polizia partenopea, in collaborazione con il Commissariato di Sulmona, ha eseguito, infatti, un provvedimento restrittivo scaturito dalle dichiarazioni di alcuni pentiti, confermate dalle indagini da cui è emerso che, nonostante la detenzione, per Francesco Mallardo non era diminuita la capacità di comando dell’intero gruppo camorristico.
Coordinata dalla Procura di Napoli, l’attività investigativa è stata basata su intercettazioni telefoniche ed ambientali, pedinamenti, servizi di osservazione e tabulati telefonici, su perquisizioni sia a Giugliano che a Sulmona.
Come si legge in una nota degli inquirenti napoletani, il boss che era sottoposto alla libertà vigilata a Sulmona “gestiva il clan ed anche era consapevole di avere strumentalizzato le patologie da cui è affetto”: utilizzava, in pratica, gli spostamenti per le visite mediche con lo scopo di incontrarsi con i vertici di altri clan napoletani.
Infatti, il lavoro investigativo, condotto dalla Squadra Mobile di Napoli in stretta collaborazione con la Squadra Mobile dell’Aquila e soprattutto con il Commissariato di Sulmona, ha accertato che Francesco Mallardo, appena uscito dal carcere, ammesso alla detenzione domiciliare per motivi di salute, aveva ripreso le redini del clan dando precise indicazioni agli affiliati.
Inoltre è venuto alla luce che il capoclan svolgeva una vita normale, conduceva automezzi nonostante non avesse la patente, fumava. Nelle conversazioni intercettate, secondo quanto ritenuto dal gip, Francesco Mallardo parla “esplicitamente” di affari del clan, estorsioni, reimpieghi, pestaggi e attentati.
Vi sarebbero, infine, riferimenti alla gestione del mercato della frutta a Giugliano ed a propositi di ritorsione nei confronti di un collaboratore di giustizia, Giuliano Pirozzi.