I fatti risalgono al 25 agosto 2009, quando Vincenzo si trovava a bordo della sua vettura con la figlia Irene in località Bagnaturo, vicino Sulmona. Il padre voleva che la figlia si sottoponesse alle cure del Sert, visti i suoi problemi legati alla tossicodipendenza. Il diverbio, però, si trasformò in tragedia. Vincenzo, ex agente della polizia penitenziaria, estrasse una pistola portata abusivamente e al diniego della figlia di sottoporsi alle cure esplose un colpo, poi dall’autopsia risultato entrare sotto l’occhio sinistro e uscire dall’occipite destro. La follia e la corsa per raggiungere il Commissariato di Sulmona, dove Vincenzo voleva costituirsi. Una volta all’interno del piazzale un raptus improvviso lo spinse ad impugnare nuovamente l’arma e a tentare di fare fuoco sulla figlia per la seconda volta e poi a tentare il suicidio. Bloccato e arrestato fu condotto prima nel carcere di Sulmona e poi in quello di Teramo, dove attualmente è recluso. “ Attendiamo le motivazioni”, ha commentato Giovanni Margiotta, legale di Marruccelli, “e in base a quelle decideremo se ricorrere in appello, anche perché non è stata riconosciuta l’attenuante della procovazione, che tenuto conto di quelle generiche, che sono state accolte, avrebbe prodotto una riduzione della pena”.