“Per la prima volta” ha detto Mons. Pompili “le prime notizie del sisma non ci sono arrivate dalla televisione o dai giornali, ma dai nuovi linguaggi di internet e dei social network. La rete ha avuto un importante ruolo per cercare di ricomporre un tessuto sfilacciato. Da questo punto di vista apprezzo lo sforzo della chiesa locale di puntare sui nuovi media con un rinnovato sito web con cui cercare di favorire il contatto tra le persone”.
Un tentativo di ricostruire le comunità a cui contribuisce anche “Vola”, il quindicinale dell’arcidiocesi aquilana, nato grazie al sostegno del Sir e della Federazione Italiana dei Settimanali Cattolici (FISC) di cui fa parte.
“Quello di unificare il tessuto sociale” ha spiegato il presidente don Giorgio Zucchelli “è proprio il ruolo dei settimanali diocesani la cui vocazione è quella di dar voce al territorio, favorendo un legame tra Chiesa e società civile”.
All’incontro è intervenuto anche Paolo Bustaffa, direttore del SIR (Servizio di Informazione Religiosa). “Ascoltare e raccontare il silenzio” ha detto “è un’impresa per la quale certamente valgono le regole tecniche del mestiere, ma non meno valgono la sensibilità, l’inquietudine, la rinuncia al protagonismo. Un silenzio che è comunicazione altra e non assenza di messaggi, fatto di volti che chiedono una lettura diversa da quella destinata allo spettacolo mediatico non solo nel momento dello strazio, ma anche nel tempo faticoso della ricostruzione. E’ l’umiltà, allora, a caratterizzare un’informazione sul terremoto che non sia debole o rinunciataria, ma consapevole della propria responsabilità di fronte al mistero del dolore”.
Presente, anche Marco Tarquinio, direttore del quotidiano Avvenire. “A volte sapere del danno, raccontare i problemi, non basta, quello che serve è capire il bene che si può fare e che si sta facendo”. Il direttore di Avvenire ha elencato poi alcuni numeri del loro impegno nel dopo terremoto: 30 prima pagine e 660 pagine interne. “Questi numeri” ha aggiunto “non vogliono sostituirsi ai volti e alle storie di dolore e speranza che abbiamo provato a raccontare”.
Dal confronto tra i direttori è emersa, tuttavia, la necessità di salvaguardare il limite tra dovere di informare e rispetto delle persone.
“I media” ha raccontato il giornalista Giustino Parisse “hanno affrontato quanto successo come se lavorassero su uno spettacolo di cui mi sono, spesso, sentito un protagonista. Il terremoto ha cambiato il mio modo di fare questo mestiere, ma ho deciso di continuare a raccontare quello che vedevo. Oggi viviamo in una città dispersa senza luoghi di riferimento e identità. Questo non significa criticare quanto fatto in questi mesi ma semplicemente fare il nostro lavoro”.