L’Aquila, protesta delle carriole: il dossier di Legambiente

protesta_carrioleL’Aquila.Le macerie accatastate a L’Aquila e negli altri 56 comuni del cratere chiudono la porta ai cittadini che potrebbero tornare a occupare da subito quegli edifici dei centri storici agibili o che hanno bisogno di leggeri interventi di ristrutturazione e, nello stesso tempo, nascondono gravi responsabilità: quei cumuli di detriti e calcinacci potevano già essere rimossi, sono state già varate norme che definiscono come trattarli, è possibile da subito e rapidamente individuare siti temporanei di stoccaggio.

Un rapporto di Legambiente – che da mesi lavora sul territorio aquilano con l’Osservatorio “Ricostruire pulito” costituito con Libera e Provincia dell’Aquila – sgombera il campo dalle tante informazioni inesatte sull’affaire-macerie.

E, oggi, domenica 28 febbraio l’associazione ambientalista è in strada accanto agli aquilani nella “protesta delle carriole” per sostenere la necessità dell’apertura immediata di una “fase due” del post-terremoto.

“Le istituzioni, in questi mesi, avrebbero dovuto dare il giusto peso alla necessità di liberare per lo meno le strade dai detriti, come primo indifferibile passo per avviare la ricostruzione – dichiara il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati DezzaNon si può non notare il ritardo con cui la questione è diventata prioritaria. Il nostro intento è di definire correttamente i termini della ‘questione macerie’ per addivenire al più presto all’adozione di soluzioni operative efficaci”.

Ci sono responsabilità chiaramente individuabili – aggiunge Angelo Di Matteo, presidente di Legambiente Abruzzo e l’esigenza di fare chiarezza va incontro all’insoddisfazione dei tanti che, stanchi dell’indecisione delle istituzioni, sono scesi in piazza a manifestare la loro intenzione di essere protagonisti della rinascita della città”.

Il primo quesito riguarda la quantità di macerie, sulla quale non esistono dati ufficiali. Una prima stima di Protezione civile e Vigili del fuoco parla di una forbice che solo per il comune dell’Aquila va da 1,5 a 3 milioni di metri cubi (4,5 milioni di tonnellate). Circa un terzo del totale, vale a dire 1 milione di metri cubi, si trova sulle strade, mentre 2 milioni sarebbero quelle accumulate all’interno delle case e nei cortili. Per dare il via alla ristrutturazione degli edifici, è quindi sufficiente spostare circa un terzo delle macerie: potrebbero partire, così, i lavori sui circa 10 mila edifici danneggiati tra centro storico e frazioni, con le uniche variabili dei 140 siti sotto sequestro per le inchieste della magistratura sui crolli “dolosi” e il materiale “sensibile” proveniente da edifici di pregio storico-architettonico. 

Non è vero, poi, che non si conosce la classificazione del rifiuto-maceria e che non si sa come trattarlo. Già il “decreto Abruzzo” del 28 aprile 2009 prevedeva una riclassificazione delle macerie (da crollo e da demolizioni controllate) come rifiuti urbani con codice CER 20.03.99. In quanto tali, esse sono sottoposte al divieto di smaltimento fuori dall’Abruzzo e se si deciderà di “esportarle” tal quale, sarà necessario introdurre una deroga con un decreto ministeriale ad hoc. Preventivamente trattate potrebbero, invece, uscire dalla regione ed essere ospitate in impianti nel resto del Paese senza bisogno di deroghe.

Tanto i sindaci, quanto la struttura commissariale avrebbero potuto procedere alla rimozione delle macerie. Poiché il dl Abruzzo assimila le macerie ai rifiuti urbani, con un’ordinanza contingibile e urgente, i sindaci avrebbero potuto disporre la rimozione delle macerie, individuando un sito di stoccaggio temporaneo sul loro territorio. Inoltre, in base all’ordinanza della presidenza del Consiglio dei ministri del 30 luglio 2009, “il commissario delegato può provvedere, in sostituzione dei comuni (…) alla individuazione dei siti da adibire a deposito temporaneo e selezione dei materiali derivanti dal crollo degli edifici pubblici e privati (…)”.

Da più parti si evoca una “deroga alla legislazione europea” per uscire dallo stallo. Non è chiaro a quali norme in particolare si vorrebbe derogare, dato che la legislazione in materia di rifiuti è tutta di derivazione europea. Qualora fosse, però, necessario tale provvedimento, Legambiente ritiene che non si debba mai bypassare il controllo di compatibilità ambientale né scavalcare le norme a tutela dell’ambiente e della salute.

Come e a chi assegnare il compito di sgomberare le strade dalle macerie? Diverse le ipotesi: bandi gestiti da ogni singolo Comune, un unico mega-bando, l’appalto al genio militare o ai vigili del fuoco da attivare attraverso un intervento normativo ad hoc, con un contributo ridotto o nullo di ditte private. Quest’ultima, a prima vista un’ipotesi estrema, è quella che consentirebbe, senza dubbio, tempi rapidi e una garanzia di controllo sulle operazioni che eviti il pericolo criminalità.

Il Tavolo Ambiente (costituito a fine 2009 da Regione, Provincia, Comune dell’Aquila, Arta e Forze dell’ordine) ha visitato oltre 20 siti per individuare quelli dove fare un primo smistamento delle macerie, per avviarle alla giusta filiera di trattamento, e quelli dove installare impianti per il trattamento degli inerti per produrre aggregati riciclati. Prima di essere “tombate” le macerie vanno, infatti, trattate, selezionando i soli inerti ed escludendo qualsiasi materiale diverso e in particolare eventuali rifiuti pericolosi. Per la prima fase sono stati finora individuati 3 siti, di proprietà pubblica: l’ex Teges di Paganica, che lavora circa 500 tonnellate al giorno e potrebbe arrivare a mille, uno a Bazzano (frazione dell’Aquila) e uno a Barisciano, entrambi in via di allestimento. Per la seconda fase, il Tavolo Ambiente ha giudicato idonei 6 siti abruzzesi (in parte cave dismesse, in parte di cave ancora in attività con porzioni da riempire) tutti privati, che verranno messi in gara.

Secondo Legambiente, per il trattamento e il riciclo degli inerti va data priorità allo smaltimento nel territorio abruzzese. È, inoltre, indispensabile incentivare la filiera del riciclo degli inerti sia in edilizia (per la ricostruzione post-terremoto e nei cantieri di tutta Italia), sia per il ripristino delle cave dismesse: un’importante opportunità per il rilancio dell’economia aquilana, oltre che per la riqualificazione del settore estrattivo. L’Abruzzo è, infatti, la regione italiana che produce la maggior quantità di inerti pro capite, con 8.500.000 i metri cubi di sola ghiaia e sabbia estratti ogni anno. Le macerie aquilane potrebbero contribuire dunque alla produzione di materiale riciclato e limitare l’attività estrattiva ai fini della ricostruzione. Per questo, Regione e Governo valutare l’opportunità di misure di defiscalizzazione e incentivazione dell’utilizzo di aggregato riciclato in edilizia, con direttive o leggi specifiche, e al contempo rendere sempre meno conveniente il materiale di cava.

Se si renderà necessario il trasporto fuori dall’Abruzzosottolineano Cogliati Dezza e Di Matteogli impianti destinatari dovranno essere esclusivamente quelli in cui si effettua il trattamento e il recupero degli inerti. Non è pensabile che si esportino le macerie fuori dal territorio nazionale“.

La protesta di oggi.  

E’ cominciata, puntuale, la “rivolta delle carriole” a L’Aquila, la protesta con cui i cittadini intendono portare all’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica la questione delle macerie non ancora rimosse dal centro, a quasi undici mesi dal terremoto.

L’ingresso era inizialmente consentito, data la pericolosita’ della zona rossa e in particolare di piazza Palazzo, a 45 persone a gruppi di 15. Poi sono riuscite ad entrare oltre 300 persone.

Sono complessivamente oltre un migliaio i manifestanti. Sono un centinaio coloro che stanno provvedendo alla raccolta differenziata delle macerie, insieme a tecnici che si occupano di separare materiale da recuperare e materiale da smaltire. Uomini delle forze dell’ordine sono disposti ai lati della piazza per controllare che nessuno si allontani nelle vie limitrofe, alcune delle quali ancora da mettere in sicurezza.

La manifestazione si è animata dopo che, al passaggio del corteo davanti a uno striscione che segnala i lavori in corso del “Consorzio Federico II” – del quale fa parte la società Btp coinvolta nell’inchiesta della Procura fiorentina sugli appalti per il G8 – i manifestanti hanno sollevato in alto le pale in segno di protesta.

Gli aquilani hanno raggiunto le transenne davanti a Piazza Palazzo al grido di “vergogna vergogna” e “L’Aquila libera”.

Tra i numerosi striscioni esposti in piazza Duomo spiccano “ridateci L’Aquila”, “sgombriamo le macerie” e un provocatorio “sgombriamo i commissari e le macerie ricicliamole”. Altri striscioni e volantini invitano a rivolgere attenzione anche ai numerosi borghi del cratere danneggiati dal sisma. “Il centro dell’Aquila è il nostro punto di partenza – spiega Giusi Pitari, tra i promotori della manifestazione di oggi -, ma nelle prossime domeniche andremo a far visita ai paesi distrutti della provincia, come Villa Sant’Angelo”.

Al di là dell’intento di protestare contro i ritardi nei lavori di sgombero per restituire il centro storico alla città, oggi all’Aquila il clima è di festa: ci sono intere famiglie, promotori dei comitati cittadini, palloncini. A svegliare gli aquilani, questa mattina, un sms che recitava, in dialetto, “sveglia, rizzete e ve’ a lavora’ con noi pe’ sgombra’ L’Aquila dalle macerie”.

Alcuni raccolgono firme per chiedere la “tassa di scopo”. “Vogliamo dire a Berlusconi – spiega il direttore dell’Accademia delle Belle Arti, Eugenio Carlomagno, presente tra i manifestanti – che così come è stato ben realizzato il Progetto Case, vogliamo uno sforzo ulteriore per il centro storico dell’Aquila.

E’ cominciata, puntuale, la “rivolta delle carriole” a L’Aquila, la protesta con cui i cittadini intendono portare all’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica la questione delle macerie non ancora rimosse dal centro, a quasi undici mesi dal terremoto.

L’ingresso era inizialmente consentito, data la pericolosita’ della zona rossa e in particolare di piazza Palazzo, a 45 persone a gruppi di 15. Poi sono riuscite ad entrare oltre 300 persone.

Sono complessivamente oltre un migliaio i manifestanti. Sono un centinaio coloro che stanno provvedendo alla raccolta differenziata delle macerie, insieme a tecnici che si occupano di separare materiale da recuperare e materiale da smaltire. Uomini delle forze dell’ordine sono disposti ai lati della piazza per controllare che nessuno si allontani nelle vie limitrofe, alcune delle quali ancora da mettere in sicurezza.

La manifestazione si è animata dopo che, al passaggio del corteo davanti a uno striscione che segnala i lavori in corso del “Consorzio Federico II” – del quale fa parte la società Btp coinvolta nell’inchiesta della Procura fiorentina sugli appalti per il G8 – i manifestanti hanno sollevato in alto le pale in segno di protesta.

Gli aquilani hanno raggiunto le transenne davanti a Piazza Palazzo al grido di “vergogna vergogna” e “L’Aquila libera”.

Tra i numerosi striscioni esposti in piazza Duomo spiccano “ridateci L’Aquila”, “sgombriamo le macerie” e un provocatorio “sgombriamo i commissari e le macerie ricicliamole”. Altri striscioni e volantini invitano a rivolgere attenzione anche ai numerosi borghi del cratere danneggiati dal sisma. “Il centro dell’Aquila è il nostro punto di partenza – spiega Giusi Pitari, tra i promotori della manifestazione di oggi -, ma nelle prossime domeniche andremo a far visita ai paesi distrutti della provincia, come Villa Sant’Angelo”.

Al di là dell’intento di protestare contro i ritardi nei lavori di sgombero per restituire il centro storico alla città, oggi all’Aquila il clima è di festa: ci sono intere famiglie, promotori dei comitati cittadini, palloncini. A svegliare gli aquilani, questa mattina, un sms che recitava, in dialetto, “sveglia, rizzete e ve’ a lavora’ con noi pe’ sgombra’ L’Aquila dalle macerie”.

Alcuni raccolgono firme per chiedere la “tassa di scopo”. “Vogliamo dire a Berlusconi – spiega il direttore dell’Accademia delle Belle Arti, Eugenio Carlomagno, presente tra i manifestanti – che così come è stato ben realizzato il Progetto Case, vogliamo uno sforzo ulteriore per il centro storico de L’Aquila.

Foto fonte Ansa

 

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