La guardia di finanza di Ortona, con il coordinamento della Procura della Repubblica di Lanciano – ha scoperto un gruppo di soggetti dediti alla ricerca sistematica di società in crisi delle quali, tramite teste di legno, ne acquistavano le quote e, variandone la sede, l’oggetto ed il capitale sociale, gradualmente, le conducevano al fallimento.
Nello specifico, sin dal 2018, si sono inseriti nella compagine di una società, ormai priva di una struttura aziendale, spostandone la sede a San Vito Chietino e tramite false manovre di bilancio, ne hanno aumentato fittiziamente il capitale sociale, portandolo da 3 mila a 45 mila euro, così da creare l’immagine di un’azienda solida e, pertanto, idonea a riscuotere credibilità finanziaria e, più in generale, sul mercato.
Le Fiamme Gialle ortonesi hanno accertato che la medesima operava come società “cartiera”, cioè costituita per l’emissione di fatture per operazioni inesistenti a favore di un gruppo di imprese tutte riconducibili ad un unico imprenditore. Tale procedura illecita, che si è avuto modo di riscontrare nel corso delle indagini, è stata utilizzata anche da altre due società e da una ditta individuale, tutte prive di una vera struttura aziendale, caratterizzate da capitali fittizi, limitata operatività nel tempo e dal mancato assolvimento degli obblighi tributari.
Le tre società cartiere, poi indotte al fallimento e la ditta individuale sono state “usate” per emettere fatture per operazioni inesistenti per oltre 1,1 milioni di euro al fine di consentire a terzi di evadere, tra l’altro, oltre 240 mila euro di Iva.
Nel corso dell’indagine, quanto disvelato si è, altresì, arricchito di una condotta truffaldina ai danni di una locale agenzia di lavoro interinale che, tratta in inganno dalla falsata realtà aziendale, forniva alla società di San Vito Chietino personale mai impiegato nella stessa.
Infatti, i lavoratori, venivano scelti e assunti – in maniera “veicolata” – nonché pagati per fittizi lavori di pulizia e sanificazione direttamente dalla società di lavoro interinale, alla quale la società committente non ha mai corrisposto i compensi per un importo complessivo di oltre 37 mila euro.
I lavoratori “fantasma”, infine, una volta interrotto il rapporto con la società, richiedevano all’INPS addirittura il contributo per la disoccupazione, traendo così in inganno anche l’Ente previdenziale.
Il Comandante Provinciale – il colonnella Michele Iadarola – evidenzia come il servizio condotto sia la testimonianza della costante ricerca della trasversalità negli interventi del Corpo al contrasto di ogni forma di illecito economico – finanziario.