L’Aquila. “Le quattro province abruzzesi sono tra le prime 15 nella classifica delle 106 province italiane per usura, con L’Aquila addirittura sul podio in terza posizione, Teramo al quarto posto, Chieti al nono e Pescara al quindicesimo. E poi per lo spaccio di droga Pescara, per esempio, è al decimo posto e per estorsione all’ottavo. Sono dati recenti de Il Sole24Ore. Ad agosto scorso la Uil Penitenziari ha scritto al prefetto di Sulmona sulla situazione del locale super carcere dove sono presenti anche detenuti al 41bis, chiedendo la massima attenzione ai rischi di “infiltrazioni mafiose” con l’apertura di un nuovo padiglione e la verifica “stante il conseguente aumento che ne deriverà di familiari e loro accompagnatori i quali avranno accesso ai colloqui e quindi al comprensorio” che gli organici “siano sufficienti a contrastare l’eventuale effetto collaterale determinato dallo status posseduto da queste persone delle quali sarebbe opportuno valutare la possibile digressione criminale”. E negli anni ci sono stati vari casi (basti pensare al vastese, come ricordato anche nei mesi scorsi), di personaggi in odor di mafia, camorra o ‘ndrangheta giunti in Abruzzo e che hanno coltivato qui interessi criminali”.
Si legge così in una nota dell’Associazione Antimafie Rita Atria, del Movimento Agende Rosse “Paolo Borsellino – Giovanni Falcone” Abruzzo
e di PeaceLink Abruzzo, che prosegue: “Le minacce in stile mafioso ricevute dal consigliere regionale Domenico Pettinari sono solo l’ultimo grave episodio a Rancitelli. E nei mesi e anni scorsi tanti ne abbiamo riportati. Non è accettabile che possano esistere dove la legalità e il diritto vengono quotidianamente schiacciati da criminalità, violenze, prepotenze, minacce di clan. Spesso imparentati o comunque collegati con i Casamonica e i loro affiliati, come Spada, Spinelli, Di Silvio e De Rosa. Cognomi che, in larga parte, riconducono all’Abruzzo dove fino al vastese sono praticamente egemoni nei traffici di droga e non solo. E anche dall’Abruzzo, precisamente da Chieti, fu omaggiato l’estate scorsa Fabrizio Piscitelli, il re della droga cresciuto in quella “terra di mezzo” di mafiosi, colletti bianchi, ex Banda della Magliana e neofascisti. La stessa città dove la maxi operazione “Tallone d’Achille” ha colpito un potente traffico di droga fiorito anche nell’ambiente “ultras”. E l’ultima inchiesta sulla presenza egemonizzante e violenta della ‘ndrangheta nella curva della Juventus ha visto coinvolto l’Abruzzo.
Il traffico internazionale sulla direttiva Albania-Puglia-Vasto è al centro da anni di molte inchieste. Nel teramano a luglio le forze dell’ordine hanno posto fine ad un terribile sfruttamento della prostituzione della mafia nigeriana, la cui presenza in Abruzzo è documentata almeno dal 2010. Nelle scorse settimane è stato arrestato il vertice di un’organizzazione che sfruttava giovani connazionali rumene, anche minorenni, nella tratta della prostituzione.
Un anno e mezzo è sbarcato, prima nella casa lavoro di Vasto e poi in una fattoria “parrocchiale” a Casalbordino, il terzogenito di Totò Riina. Già condannato a 8 anni per associazione mafiosa, che da sempre rivendica e continua a pubblicizzare il cognome di famiglia che sbandiera orgoglioso (non si può dimenticare l’asta per la cover per cellulari con il suo libro scaduta pochi minuti prima dell’anniversario della strage di via D’Amelio), e allontanato da Padova per la frequentazione con alcuni spacciatori locali. Ora non ha più nessuna misura restrittiva ma lo sconcerto per le sue esternazioni, come abbiamo già sottolineato nei mesi scorsi, suscita dubbi e perplessità su quale potrebbe essere la “nuova” vita sociale, e con chi potrebbe avere contatti e frequentazioni, anche ad alti livelli istituzionali. Secondo intercettazioni rese note nei mesi scorsi dalla Procura di Agrigento, un ex recluso nella Casa Lavoro di Vasto (l’anno scorso, quando un certo beatificatore era già in azione) sostiene di aver avuto contatti indiretti con lui. Un arrestato con l’accusa di essere il nuovo capomafia di Licata, sempre secondo le stesse intercettazioni, avrebbe esclamato che “quello è un ragazzo che ci scappelliamo tutti” (davanti a quel ragazzo ci togliamo tutti il cappello)”.