Chieti. “Ieri il concorso tenutosi ieri a Chieti ha portato l’utero e le donne al centro del premio letterario organizzato dal Movimento per la Vita in collaborazione con gli istituti della città teatina. Un concorso il cui fulcro è stata la maternità e l’utero come bene della collettività.
La scuola perde di vista la reale necessità degli studenti e delle studentesse. La scuola dovrebbe educare a una sessualità consapevole. Per una persona in adolescenza che ha rapporti è fondamentale sapere come funziona il consenso, come proteggersi da IST o come evitare una gravidanza indesiderata. Adottare politiche proibizioniste e far finta gli studenti e le studentesse che frequentano la scuola non abbiano rapporti sessuali espone sempre più all’autoformazione che spesso avviene su siti internet o tra pari. Autoformazione che molto spesso porta a comportamenti scorretti e talvolta anche pericolosi.
Le persone giovani vivono in contesti in cui i contratti di lavoro non permettono di lasciare la casa dei loro genitori e permettono di vivere in autonomia. In questi contesti molte persone giovani decidono di non intraprendere il percorso della famiglia e della genitorialità. La scuola dovrebbe battersi al fianco del proprio corpo studentesco perché loro abbiano un futuro in cui gli studi vengano riconosciuti sul piano economico, creare percorsi scolastici più aderenti alle loro necessità, formare al pensiero critico e far in modo che non svalutino sul mercato del lavoro le loro competenze.
La scuola dovrebbe insegnare alle donne che è loro diritto decidere sul loro apparato riproduttore e che questo non è un bene collettivo. Essere il luogo in cui educare a scardinare il dogma per cui una donna deve necessariamente passare per la tappa della maternità per essere completa, la narrazione della donna eroina che decide di avere una gravidanza e della donna sofferente e distrutta che decide di interromperla. La scuola dovrebbe essere il luogo della rivoluzione educativa in cui si mostrano anche le donne come figure chiave della cultura che oggi abbiamo. Essere il luogo in cui si impara a battersi per i propri diritti, battersi per vedersi riconosciuti e a lottare perché il gender gap si assottigli sempre più fino a scomparire.
Dovete parlare anche alle persone LGBTQIA+ delle vostre scuole e fargli vedere che la famiglia tradizionale non esiste, fargli vedere che non esiste la sola famiglia eteronormativa patriarcale composta da madre e padre. Far vedere loro che le famiglie arcobaleno esistono e fanno parte della nostra realtà. Dovete fargli vedere che c’è spazio per loro nei vostri istituti, che la loro sessualità è legittimata ad essere visibile alla pari di quella dei compagni e compagne eterosessuali. Dovete creare istituti in cui ci sia accesso alla carriera alias per le persone trans* così da ridurre loro la sofferenza di non esser riconosciute negli ambienti scolastici da parte del corpo docente e dai pari.
La scuola prenda il suo ruolo e dia spazio alle reali necessità del corpo studentesco”. Si legge così in una nota dell’Arcigay di Chieti.