Complessivamente sono state sequestrare circa 23mila mascherine per un controvalore di di 90mila euro in due diversi stabilimenti.
L’indagine è stata delegata dalla Procura della Repubblica di Lanciano ed è culminata con l’esecuzione di due decreti di perquisizione riguardanti altrettanti stabilimenti abruzzesi.
Le indagini hanno confermato i sospetti iniziali, ossia che alcuni soggetti della provincia teatina hanno “fiutato l’affare” e si sono attivati per reperire ed importare questi articoli in un periodo in cui era difficile reperirli. L’esigenza di rinvenire urgentemente tali prodotti non ha consentito, però, di preoccuparsi della qualità dei dispositivi e di ottenere le autorizzazioni di sicurezza previste che devono accompagnare questo tipo di dispositivi.
Del resto l’elevata domanda di questo periodo ha fatto schizzare in alto i prezzi al dettaglio facendo ottenere facili guadagni ai pochi che riuscivano a rifornirsi di mascherine.
In due diversi interventi i militari sono riusciti ad intercettare e sequestrare complessivamente circa 23.000 mascherine apparentemente classificate FFP2 e risultate tutte prive di idonea autorizzazione in procedura ordinaria (marchi CE) ovvero con procedura “in deroga” prevista dalla normativa emergenziale da parte dell’INAIL.
Infatti la merce è risultata accompagnata da certificati rilasciati da enti non accreditati ovvero non attestanti la loro conformità agli standard qualitativi, solo in presenza dei quali si sarebbe potuto ammettere la loro commercializzazione in territorio nazionale.