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Angioplastica con stent che si riassorbono, l’Emodinamica di Chieti da primato

Chieti. Un’innovazione tecnologica impiegata come pratica di routine all’ospedale di Chieti e che segna un’autentica rivoluzione nella vita dei pazienti infartuati sottoposti ad angioplastica. Si tratta di stent “bio-assorbibili” che, dopo essere stati posizionati a sostegno della parete vascolare e averne rimosso l’occlusione, si riassorbono gradualmente nei tessuti del paziente attraverso un naturale processo metabolico.

Gli innovativi dispositivi sono stati impiantati con successo su due pazienti sessantenni, di sesso maschile, dall’équipe del dottor Nicola Maddestra, direttore dell’unità operativa di Emodinamica Diagnostica e interventiva del “SS. Annunziata”. Per entrambi si era reso necessario un intervento di rivascolarizzazione delle coronarie, finora realizzato attraverso l’utilizzo di stent metallici, una sorta di “gabbiette”, di dimensioni millimetriche, che restavano impiantati in modo permanente.

“Questi dispositivi metallici si sono rivelati comunque preziosi nel trattamento dei pazienti con ostruzioni coronariche – specifica Maddestra –, ma è evidente che per la loro stessa natura erano destinati a comportarsi come un corpo estraneo, che può dar luogo a processi infiammatori o immunitari che determinano una riocclusione del vaso. Tutti problemi superati, in buona parte, con gli stent bio-assorbibili, realizzati in acido polilattico, che a partire dal sesto mese dall’impianto cominciano a mimetizzarsi nella parete coronarica, fino a essere completamente riassorbiti negli stessi tessuti nell’arco di due anni. Questo comporta una riduzione dei processi infiammatori e maggiori possibilità di trattamento nel caso di progressione della malattia, perché si può procedere ancora con una rivascolarizzazione nel caso si rendessero necessari futuri interventi, poiché lo stent bio-assorbibile, dissolvendosi, lascia libero il vaso da supporti permanenti”.

Insomma sono diversi i vantaggi determinati da “Absorb BVS”, la nuova generazione di stent che libera il vaso dalla costrizione meccanica e nell’arco di 24 mesi ripristina le condizioni per ottenere una risposta naturale vasomotoria agli stimoli fisiologici. Inoltre l’assenza di materiale metallico consente l’uso di metodiche diagnostiche non invasive, come tac e risonanza, per il follow up dei pazienti. Non ci sono particolari controindicazioni all’impiego di questi dispositivi temporanei, anche se più di altri possono beneficiarne alcune categorie di pazienti: i più giovani, così come anche i diabetici, perché essendo la malattia coronarica progressiva, possono rendersi necessari nuovi interventi, e quindi con i vasi liberi da impianti metallici permanenti è più facile eseguire procedure chirurgiche.

“La cardiologia interventistica rappresenta un campo assai stimolante – aggiunge Maddestra – per questo attendiamo di poter essere trasferiti al più presto nella nuova palazzina per approdare a nuovi traguardi, come l’impianto di valvole aortiche in collaborazione con i cardiochirurghi, i cardioanestesisti e i cardiologi clinici. Si tratta di una procedura assai complessa, che richiede requisiti strutturali indispensabili che solo la nuova struttura ci può garantire”.