Leonardo è accusato di essere uno dei black bloc che in piazza San Giovanni ha assaltato il blindato dei carabinieri, avvolto poco dopo dalle fiamme. In quell’occasione, un carabiniere era rimasto ferito. Ad incastrare Vecchiolla è stata un’intercettazione telefonica, nella quale il giovane si “vantava” con il pusher di quanto aveva (presumibilmente) “combinato” nella capitale.
Ma quanto c’è di vero in tutto questo? Se lo chiedono in tanti da quel giorno, a partire dai suoi genitori, fino ai suoi amici. Leonardo, rinchiuso ora nel carcere di Chieti, ha messo in atto una protesta, cominciando uno sciopero della fame e della sete. All’esterno, lo scorso 22 ottobre, un gruppo di lavoratori, precari, disoccupati e studenti di Chieti ha deciso di costituirsi in Assemblea Permanente.
“A una settimana dalla carcerazione di Leonardo Vecchiolla” si legge nella nota “decidiamo di denunciarne l’arresto come atto mediatico e strumentale alla criminalizzazione di tutti i movimenti di contestazione. Essere contro un sistema ingiusto, oggi, significa essere un perdigiorno, un violento, un elemento patologico della società, un pericolo da cui difendersi. Non intendiamo fare dichiarazioni innocentiste, colpevoliste o attendiste: denunciamo che il ragazzo è accusato dei reati di tentato omicidio, devastazione e resistenza a pubblico ufficiale ed è trattenuto agli arresti nella totale assenza di prove documentali. L’unico elemento su cui ci si basa è un’intercettazione. Tale situazione contrasta con le più elementari norme costituzionali e del diritto. Per questo chiediamo l’immediata scarcerazione di Leonardo. Purtroppo questo rappresenta solo uno dei tanti casi in cui si calpestano i diritti fondamentali della persona per mano di una giustizia asservita ai poteri forti. Ad aggravare la situazione, già di per sè drammatica, giunge puntuale la campagna diffamatoria della stampa compiacente, che isola il singolo esponendolo al pubblico linciaggio e, attraverso di lui, demonizza l’intero movimento. Proprio per questo ci sembra doveroso controinformare per ripristinare la verità dei fatti ed esprimere la nostra più convinta solidarietà nei confronti di quella che è una fortuita vittima della repressione”.
Lunedì 31 ottobre, a partire dalle ore 10.30, si terrà un presidio di solidarietà di fronte alla Prefettura di Chieti.
Intanto questa mattina, il consigliere regionale Maurizio Acerbo, insieme al consigliere comunale Riccardo Di Gregorio, ha visitato la casa circondariale di Chieti per incontrare Leonardo Vecchiolla.
“Leonardo condivide la piccola cella con altri due detenuti” racconta Acerbo. “Appare molto provato fisicamente ma determinato nelle sue ragioni. Ha chiesto degli amici e gli ha fatto molto piacere sapere della solidarietà dei compagni e degli amici di Ariano Irpino e dell’università e del presidio che si terrà domattina a Chieti. Intende continuare con lo sciopero della fame e della sete (beve solo una tazza di tè al mattino) e spera che in settimana si cominci a chiarire la sua posizione con il ricorso del suo avvocato al tribunale del riesame. Va sottolineato che Leonardo è molto deperito e smagrito, per questo gli abbiamo consigliato di interrompere almeno lo sciopero della sete. Non possiamo tacere la nostra preoccupazione perchè dopo i clamori dell’arresto e i giudizi sommari dei media l’attenzione si è spostata altrove mentre un ragazzo di 23 anni rischia di rimanere in custodia cautelare non si sa per quanto tempo e potrebbeanche essere trasferito in un carcere dalle condizioni detentive più dure (Roma). Non vorremmo che il prolungarsi dello stato di detenzione venga determinato più dal clima mediatico-politico che dalle regole del diritto. Questa volta non vediamo le solite file di parlamentari che vanno apprensivi a trovare il politico eccellente indagato per corruzione o altri reati. Qui si tratta di uno studente accusato di reati per i quali è stata chiesta da tutta la politica nazionale una punizione esemplare. Non vogliamo sostituirci al doveroso operato della magistratura per accertare la verità dei fatti e individuare i responsabili di reati, non vogliamo emettere sentenze di condanna né di assoluzione. Non è in discussione la nostra distanza da un’estetizzazione dello scontro fine a se stesso che ha tra l’altro sottratto l’agibilità democratica alla nostra manifestazione impedendone lo svolgimento. L’obbligatorietà dell’azione penale vale per tutti, dal Presidente del Consiglio ai manifestanti. Abbiamo constatato però che i principi del garantismo, tanto invocati per politici e faccendieri, paiono non valere per un giovane di 23 anni. Infatti fin dall’inizio è stato bollato come colpevole senza aggiungere mai l’aggettivo “presunto” alla definizione di black bloc. Leonardo è detenuto ormai da molti giorni e fin dall’inizio è in sciopero della fame e della sete. Le imputazioni sono molto gravi (tentato omicidio, devastazione e resistenza a pubblico ufficiale), ma secondo il suo legale non sussisterebbero gravi indizi di colpevolezza. Da quel che si è capito a far scattare le misure sarebbe stata una battuta infelice e spaccona in una conversazione telefonica. Con questo parametro Mario Magnotta avrebbe preso l’ergastolo, per non parlare di gran parte della politica italiana. Auspichiamo che gli organi di informazione tornino a occuparsi del caso esercitando niente più che un minimo di elementare garantismo e restituendo umanità a un giovane che ha ricevuto un trattamento su alcuni giornali e tg da sbatti il mostro in prima pagina”.
Marina Serra