A lanciare l’appello è il presidente dell’associazione dei telespettatori (Aiart), Massimiliano Padula, intervenendo in merito all’omicidio di Vasto.
“L’idea di vendetta personale – spiega Padula – rievoca un immaginario che i media (in particolare il cinema e la televisione) hanno lungamente raccontato. Si pensi al film ‘Un borghese piccolo piccolo’ nel quale il protagonista rapisce e tortura il presunto assassino del figlio fino a farlo morire. Ma quella che poteva essere una liberazione diventerà per lui un’ulteriore gabbia di dolore”. “Il nostro timore – aggiunge – è che fatti di questo tipo, certamente fagocitati ed esibiti ampiamente dai media, stravolgano l’idea di giustizia, contribuendo a creare una giungla sociale e culturale che non fa bene alla nostra civiltà”.
Nel frattempo il capo della Procura vastese, Giampiero Di Florio, chiarisce: “Le indagini sono durate 110 giorni dalla data dell’incidente, l’udienza davanti al Gup era prevista il 21 febbraio: direi che ci sono tutti i tempi rapidi per arrivare a una sentenza, in meno di otto mesi. Nessuna lentezza, ma anzi, al contrario, questo procedimento evidenzia la celerità di un tribunale come quello di Vasto nella trattazione dei processi”.
Le indagini degli inquirenti sull’omicidio di ieri fanno passi avanti. È stata documentata la successione dei colpi sparati da Fabio Di Lello, 34 anni, con la sua calibro 9, poi abbandonata sulla lapide della moglie Roberta Smargiassi, contro Italo D’Elisa, il 21enne freddato ieri all’ingresso del Drink Bar caffè in via Perth a Vasto. La videocamera di un locale ha ripreso tutta la scena: i due si sono parlati, poi è spuntata la pistola e gli spari. Tre i colpi che hanno centrato D’Elisa: addome, gamba e collo. Molto probabilmente quest’ultimo è stato quello mortale.