“Zio Remo” è stato l’appellativo usato da monsignor Bruno Forte, vescovo di Chieti-Vasto aprendo la cerimonia funebre officiata con altri 18 prelati. Ma zio Remo lo era, oltre che per chi malignamente lo indicava come promotore di interessi clientelari e corporativi, per tutti quegli abruzzesi che Gaspari ha aiutato nella sua lunga carriera di parlamentare e ministro, trasformando l’Abruzzo sottosviluppato del dopoguerra in traino commerciale e industriale per il centro-sud. I “nipoti” di Gaspari hanno riempito la cattedrale già un’ora prima dell’arrivo del feretro in piazza, dove il picchetto d’onore del 123esimo reggimento dell’Esercito, Aeronautica, Carabinieri e Marina lo ha salutato, mentre un lungo applauso lo accompagnava sfilare predeceduto dai gonfaloni del Comune e della Provincia di Chieti. Sei file di fasce tricolori e una cinquantina di altri stendardi listati a lutto al seguito hanno colorato le navate: immancabile quello giallo e bianco del Comune di Gissi, dove Gaspari è nato ed è stato lo storico sindaco.
In prima fila le autorità del Consiglio regionale e delle 4 Province, il sindaco di Chieti, Umberto Di Primio, che ha dichiarato per oggi la giornata di lutto cittadino, ma soprattutto il ministro per l’Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi, ultimo segretario della scomparsa Democrazia Cristiana, Pierferdinando Casini, leader dell’attuale Udc, il Presidente della Corte Costituzionale, Alfonso Quaranta, i senatori Marini, Legnini e tanti altri esponenti di spicco della politica nazionale. Prima dell’inizio della cerimonia, Gabriele Piermattei, segretario della sezione di Catignano della “vera” Dc ha deposto sulla bara una bandiera con lo scudo crociato risalente al 1947. Poi monsignor Forte, appunto, prima di cominciare il sacramento, ha voluto ricordare il soprannome di Gaspari, lo zio: “ho avuto la gioia di conoscere Remo Gaspari sette anni fa, quando sono venuto qui come pastore”, ha detto dal pulpito, “ma prima ancora di conoscerlo personalmente, l’ho conosciuto attraverso la mia gente e dall’affetto che mi riferivano nei suoi confronti”.
Nel corso dell’omelia, invece, il vescovo ha usato due metafore per ricordare il ministro Gaspari. L’ha paragonato a Mosè, “guida religiosa del popolo con forti tratti del leader politico, responsabile verso la cosa pubblica. Ma il capo politico è profondamente solo, vive un’esperienza di solitudine con la propria coscienza per poter decidere dando l’assoluto primato alla causa civile”. “Solo un politico come Remo Gaspari può pareggiare Mosè”, ha aggiunto sua Eccellenza, “un fiero italiano dai tre colori”. Nell’usare la seconda metafora, infatti, il vescovo ha definito Gaspari “un uomo bianco, rosso e verde”. “Bianco come la fede che l’uomo politico cristiano ha sempre nutrito, facendone la forza del proprio cammino e dando attenzione ancor di più, nei suoi ultimi anni, alla dimensione spirituale. L’ispirazione cristiana in Remo Gaspari non è stata una parola vuota, bensì nutrita quotidianamente, anche ricorrendo spesso al sacramento del perdono. Rosso come l’amore per il suo popolo, l’Abruzzo che ha amato e lo ha amato giustamente; è sempre stato accanto alla gente e l’immagine che lo caratterizza è la lunga processione di gente che portava a lui i problemi: oggi lo chiamerebbero clientelismo, invece era il modo di Remo di fare politica, senza interessi. Era un simbolo estremo di sobrietà: leader ricco di cariche che viveva in una semplice casa al secondo piano senza ascensore”. Infine, “il verde della speranza che ha saputo dare all’Abruzzo: cosa sarebbe questa regione senza le industrie, le strade e le autostrade che ha promosso Remo Gaspari”, ha interrogato il vescovo, prima di rivolgere un forte rimprovero ai politici presenti: “A voi politici, soprattutto cristiani, mi rivolgo: ieri il Parlamento ha speso una giornata intera per decidere se mandare in galera due suoi componenti. È scandaloso in un momento di crisi come questo, in cui la gente ha bisogno di politici che servano il popolo. Tutta la gente qui presente oggi testimonia come Remo Gaspari sia distante dalla classe politica diventata casta”.
Dopo l’estrema e sacra benedizione del defunto, dall’altare si sono avvicendati i ricordi delle istituzioni e del figlio, Lucio Achille, medico chirurgo, direttore del dipartimento di chirurgia dell’Università Tor Vergata a Roma: “Mio padre ha avuto grandi successi nella sua vita, ma ha sempre avuto il cuore velato dalla nostalgia per suo padre lontano, emigrato: questo è stato uno dei motivi che lo ha spinto a scendere in politica, per rilanciare la propria terra. L’albero della speranza che è stato piantato da lui non deve essere abbandonato a seccare, ma bisogna annaffiarlo e farlo crescere: è questo l’impegno morale che viene rivolto a tutta la politica democratica”, ha detto tra le lacrime. Per i politici abruzzesi, Gaspari è sempre stato un maestro e un esempio da seguire; il Governatore Gianni Chiodi lo ha ricordato come “un essere mitologico per i giovani appassionati di politica come lo ero io. Nei suoi interventi da ministro mi affascinava per la dinamicità e per la sua sprizzante energia: parlava da statista, non da politicante, non faceva promesse ma esprimeva il pragmatismo di detiene la leadership segnando la strada e non seguendo quelle altrui”. Nel presente, invece, Chiodi ha ricevuto “una laurea, quando mi ha concesso il suo appoggio per la campagna elettorale, nonostante io abbia fatto a Gissi scelte che lui non condivideva. Lascia all’Abruzzo 40 anni di sviluppo e crescita e un modello comportamentale per fare politica: non ci sarà mai un suo erede”. Poi lo saluta direttamente: “Gli abruzzesi ti porteranno sempre nel cuore, perché i grandi uomini come te, insigne maestro, non muoiono mai, restano nel ricordo”.
“Con lui tramonta una stagione politica indimenticabile e irripetibile per la nostra regione”, si commuove il presidente della Provincia di Chieti, Enrico Di Giuseppantonio, “se ne va un uomo capace di fare la storia e non solo di riempire le pagine dei giornali, che preferiva sedersi al fianco degli umili piuttosto che nei salotti buoni o nei circoli della stampa. Sta a noi amministratori e politici rilanciare la tua sfida e lo faremo, te lo dobbiamo: ciao ministro, ci mancherai”, lo saluta anche lui.
Una forte impronta lasciata anche per le aule di Montecitorio e nelle segreterie del partito nazionale: Rotondi e Casini parlano di Gaspari come si fa del professore che da alunno soffri, ma poi ringrazi per tutta la vita. Il ministro Rotondi ha sottolineato la lungimiranza di Gaspari nel saper profetizzare sia la fine della vecchia Dc, sia “nel saper vedere il giusto momento per il distacco dal potere. Mi disse”, racconta “mentre io entravo e lui usciva dalla Dc: la mia carriera è terminata, ma il bisogno della gente d’Abruzzo no, e continuerò a seguirlo anche a mie spese”. “Il suo ottimo esempio dà valore alle idee della nostra giovinezza”, commenta prima di cedere il microfono a Casini.
L’ex presidente della Camera tesse le lodi al “grande uomo politico, cattolico democristiano e servitore della politica fino all’ultima sua stagione, anche 20 anni dopo la fine della sua carriera politica”. “Mi fa piacere vedere quella bandiera con lo scudo crociato”, esclama interrotto da un forte applauso del duomo, “perché è il segno di un’esistenza, di una vita e il ricordo di un uomo di parte ma anche uomo di tutti, anche di chi l’ha democraticamente contrastato: oggi sono tutti qui, perché gli hanno voluto bene e l’Abruzzo ne ha voluto a lui. Grazie Remo”.
Il feretro è stato, poi, accompagnato sulla piazza dalle corone di fiori che le tre alte cariche dello Stato hanno inviato a Chieti. Un lungo applauso l’ha nuovamente accolto all’uscita dalla cattedrale e la città si è stretta per l’ultima volta attorno alla bara, prima che partisse per Gissi, dove una seconda cerimonia sarà celebrata alle 16:00 da don Michele Fiore nella chiesa madre di San Bernardino; poi la sepoltura nel cimitero comunale, accanto alla moglie Miriam. Accanto al carro funebre e accanto alla bandiera crociata, fino alla fine, è rimasto Gabriele Piermattei, stringendo tra le mani un vecchio poster della Democrazia Cristiana sul quale campeggia la scritta “difendetemi”. Una scena che fa da contraltare alla frase pronunciata a fine messa da monsignor Forte: “Ai politici cristiani dico: abbattete i privilegi della vostra classe; credo che Remo Gaspari l’avrebbe fatto”. In fondo, anche il più avverso degli abruzzesi ammetterebbe che lo Zio Remo la sua terra l’ha difesa.
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Daniele Galli