La corte europea dei diritti umani ha ritenuto fondato il ricorso di Amanda Knox contro l’Italia. Ora lo Stato italiano dovrà difendersi dall’accusa di non aver garantito un processo equo.
In molti ricorderanno il caso dell’ Omicidio di Meredith Kercher; del crimine furono accusati la coinquilina della giovane inglese, Amanda Knox e il suo fidanzato dell’epoca Raffaele Sollecito, in seguito entrambi scagionati. In molti hanno creduto che la vicenda, almeno dal punto di vista giudiziario, si fosse conclusa con la pronuncia della Corte di Cassazione che poco più di un anno fa, il 27 marzo 2015, ha assolto i due giovani per non aver commesso il fatto; in realtà c’è ancora uno strascico, si tratta delle accuse che la Knox ha rivolto alle autorità italiane per il trattamento subito nelle prime fasi delle indagini.
Il ricorso dei legali di Amanda Knox contro l’Italia era stato presentato il 24 novembre 2013, ma solo oggi la Corte europea dei diritti umani ha deciso di accoglierlo in via preliminare, invitando al tempo stesso il governo italiano a preparare la propria difesa.
Nel ricorso, la ragazza lamenta che il suo diritto ad un equo processo è stato violato in quanto “non è stata informata in tempi brevi in una lingua a lei comprensibile della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico”, inoltre i primi interrogatori si sarebbero svolti nonostante l’assenza del legale della Knox mentre l’interprete, sempre secondo la ragazza, non avrebbe tenuto un comportamento professionale e indipendente; infine, Amanda Knox denuncia anche di essere stata percossa alla testa con degli “scappellotti” che a suo giuduzio costituiscono un comportamento inumano e degradante.
Il legale della giovane americana, Luciano Ghirga, ha parlato di evidenti “violazioni difensive rilevate non solo dalla difesa, ma anche dalla Corte di Cassazione che nell’aprile del 2008, in un provvedimento riguardante la misura cautelare aveva esplicitamente fatto riferimento a violazioni dei diritti difensivi”.