I capodogli e la credibilità spiaggiata: cronaca del naufragio della verità

capodogli a riva“E sulla bianca schiena dell’animale egli scaricò la somma della rabbia e l’odio provati dalla propria razza; se il suo petto fosse stato un cannone, egli, gli avrebbe sparato contro il suo cuore” (tratto dal libro “Moby Dick”)

E’ con questi versi crudi che lo scrittore statunitense Herman Melville immortala il capitano Achab mentre esausto affonda l’ultimo colpo contro un animale così distante dal mondo degli uomini da diventarne un rivale pericoloso: Moby Dick, la balena senza colore.
Una bestia bianca ma dall’anima nera, capace di minacciare la vita di tutto l’equipaggio dell’imbarcazione Pequod, con cui il cetaceo ingaggia un duello all’ultimo sangue.
Era solo una storia, quella partorita dalla penna dell’autore a stelle e strisce. Un romanzo che, tuttavia, è stato riscritto dalla realtà di tutti i giorni.
Le recenti immagini dei 7 capodogli arenati sulla costa vastese ci hanno fatto scoprire la vera natura dei cetacei: non più animali aggressivi in grado di speronare una nave, ma creature talmente indifese da chiedere il nostro aiuto.

E’ così il capitano Achab si trasforma in un capitano più umano, con l’unica missione di salvare le balene spiaggiate. Quattro ce l’hanno fatta; purtroppo, per tre di loro, non c’è stato nulla da fare.
Come spesso accade per le vicende che tengono la nazione col fiato sospeso, anche questa volta è partita inesorabile la caccia al colpevole: chi o cosa avrà ordito silenziosamente contro i poveri cetacei?
Posato l’ultimo clinex intriso di lacrime, un passaparola telematico ha preso il via dalle spiagge abruzzesi fino ai salotti delle famiglie italiane: ancora una volta, il nemico numero uno è lui, il petrolio.
Ancor prima di avviare l’autopsia di rito sulla salma delle povere creature che individuasse le reali cause dello spiaggiamento, i soliti esperti del “tutto” hanno fatto a gara per rilasciare il proprio commiato.
Legambiente Abruzzo: «La presenza del gas nel sangue dei mammiferi conferma i nostri sospetti: lo spiaggiamento potrebbe essere causato dall’air-gun», ovvero una tecnica per mappare i fondali marini che viene utilizzata in ambito petrolifero e che avviene tramite l’emissione di onde sonore che urtano il fondale e, captando la eco, forniscono un’idea della sua struttura geologica.
Anche il Movimento 5 Stelle ci ha tenuto a fare un saluto al proprio elettorato: «L’episodio è quasi certamente dovuto agli effetti della ricerca petrolifera in mare e l’utilizzo di tecniche di esplorazione del sottosuolo come l’air-gun, che provocano traumi dalle conseguenze anche letali alle specie animali presenti».

Persino l’Adusbef e Federconsumatori – associazioni che dovrebbero tutelare i consumatori – hanno detto la loro: «Le trivellazioni selvagge in Adriatico sono la dimostrazione lampante della speculazione odiosa e selvaggia: questa distrugge l’ambiente e l’ecosistema per avvantaggiare esclusivi interessi delle multinazionali del petrolio, con inestimabili danni sociali».
Ma proprio quando già c’eravamo abituati a una nuova versione 2.0 del romanzo Moby Dick, in cui il capitano Achab tormenta gli esanimi corpi dei capodogli con una trivella petrolifera, ecco che – ancora una volta – il romanzo si (con)fonde con la realtà.
Assomineraria, l’Associazione Mineraria Italiana per l’Industria Mineraria e Petrolifera che è parte integrante del sistema Confindustria, è intervenuta per trovare il giusto finale a questa storia, grazie a un colpo ad effetto degno della migliore antologia narrativa:

“Sono anni che nell’Adriatico italiano non vengono effettuati rilievi geofisici di sismica a riflessione (Air Gun)”. Come se non bastasse, quasi a sbeffeggiare ulteriormente ecologisti e necrologisti della prima ora, la confederazione che rappresenta oltre 150 imprese italiane e straniere che operano sul territorio nazionale ha aggiunto: “Sarebbe bastata questa banale verifica per escludere qualsiasi correlazione tra tali attività e lo spiaggiamento dei capodogli a Vasto”.

A rinforzo, il Ministero dello Sviluppo Economico, intervistato dal Messaggero , ha confermato le parole di Assomineraria.

Eppure ci avevamo quasi creduto alla fiaba ideata dalla fervente immaginazione di ecologisti ed amministratori abruzzesi; anzi, la storia del miracolo di un’autopsia sui corpi delle balene eseguita a occhi nudi ci aveva proprio convinto.

Per quanto creativo, però, il racconto ideato dai movimenti verdi non era poi così originale: c’erano loro, a recitare la parte dei soliti paladini della giustizia; c’erano i progetti industriali, in grado di seminare morte e distruzione; c’erano le istituzioni, sempre pronte a difendere i cittadini in cambio di qualche preferenza alle urne.

E poi ci siamo noi, i cittadini, vittime da troppo tempo delle fandonie pre-elettorali del politico di turno, trattati come merce di scambio da chi è sempre all’affannosa ricerca di consenso, strumentalizzati da studiosi o presunti tali che vivono oltreoceano; noi, presi ancora una volta in giro con la filastrocca che il progresso faccia rima con decesso.

Non solo presi in giro ma offesi da queste bugie e sfruttati da interessi biecamente di parte e non certo utili alla società civile. Offendere con false verità la società civile – cioè le famiglie, le persone che lavorano, i giovani che studiano guardando al futuro, i credenti che rispettano il prossimo e, perché no, i politici impegnati realmente sul campo – è il reato più grave che resta costantemente impunito.

La tutela dell’ambiente è un tema talmente importante che anche il nostro Pontefice, papa Francesco, ha scelto di inserirlo nella sua imminente enciclica. In una società civile, infatti, la difesa dell’ecosistema è un processo fondamentale, così come lo è lo sfruttamento sostenibile di quelle risorse che potrebbero garantire il benessere economico della collettività.

Se però questi due aspetti vengono messi in contrasto tra loro, o peggio, la “difesa del creato” viene strumentalizzata, la salvaguardia della natura si trasforma in uno sterile e vuoto ostruzionismo al mondo del lavoro che rischia di far arenare l’economia italiana sulle sabbie mobili della recessione.

E’ forse questa l’immagine più fedele che riassume il finale della triste storia dei capodogli: assieme ai loro cadaveri, riposa anche la carcassa del nostro Paese.

E’ meglio non farsi abbindolare dai suggerimenti di costoro che terrorizzano, con false verità, le persone oneste di buona fede, ma è consigliabile documentarsi da fonti attendibili che non hanno interesse a strumentalizzazioni di parte.

“Moby Dick non ti cerca. Sei tu, tu, che insensato cerchi lei!”.

Diego Vitali blogger goccediverita.it

 

 

Gestione cookie