Taglio corse dei bus. Cna Fita: misura sbagliata. Perché la Regione tace?

“Le misure contenute nel nuovo Dpcm varato dal Governo non giustificano in alcun modo l’allentamento delle misure di sicurezza sui mezzi di trasporto pubblico, ma al contrario le rinforzano.

 

E sul tema, più che il presidente di una società pubblica di trasporto, dovrebbe parlare il presidente della Regione”. Lo afferma il presidente di CNA Fita Abruzzo, Gianluca Carota, che si dice stupefatto delle affermazioni rilasciate ieri agli organi di informazione dal presidente della società di trasporto pubblico regionale, Gianfranco Giuliante, che annunciano in un sol colpo “ridimensionamento del parco mezzi e interruzione dell’utilizzo dei privati”. “A parte il fatto che il presidente di una società di trasporto pubblico come TUA non può avocare a sé valutazioni che competono invece al decisore politico, su cosa si debba o non debba fare, su cosa sia giusto o non giusto fare in questa fase drammatica – aggiunge Carota – desta stupore il fatto che gli annunciati ridimensionamenti delle corse, nonché il taglio dell’apporto dei privati siano formulati di fronte a unanimi ed autorevoli valutazioni degli esperti sui rischi che derivano dal sovraffollamento dei mezzi pubblici.

 

In sostanza, nel momento in cui una parte dell’utenza viene meno temporaneamente, perché gli studenti delle scuole superiori sono impegnati con la didattica a distanza, anziché mantenere sostanzialmente l’offerta attuale, dunque in grado di garantire con certezza il distanziamento delle persone sui mezzi pubblici, si taglia. Per tornare verosimilmente, con l’offerta di mezzi ridotta, agli indici di sovraffollamento che si vorrebbero evitare. Oltretutto, il nuovo Dpcm ha lasciato invariati gli allegati, tra quali il punto 15 inerente il trasporto pubblico locale, in cui si legge che “l’aumento delle corse dei mezzi di trasporto, soprattutto durante le ore di punta, è fortemente auspicabile”.

In tutto ciò, conclude Carota, “stride l’assordante silenzio della Regione, che in materia dovrebbe evidentemente avere l’ultima parola. Se si chiedono a intere categorie economiche importanti sacrifici in nome della riduzione del rischio sanitario, non si può poi consentire a soggetti pubblici che sono strategici per garantirlo, ragionare con la mera logica dei costi e dei ricavi”.

 

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