Un’Italia fragile con tre milioni e mezzo di persone al giorno esposte al rischio di frane e alluvioni a causa di edifici realizzati in zone a rischio frana e/o alluvione. Questo è uno dei dati che emergono dal Rapporto Ecosistema Rischio 2010 realizzato da Legambiente e dal Dipartimento della Protezione Civile.
E’ un’immagine di un’Italia sempre più fragile: invasa da costruzioni lungo i corsi d’acqua e vicino a versanti franosi, e con gravi sono i ritardi nella prevenzione. Sono ben 6.633 i comuni italiani in cui sono presenti aree ad alta criticità idrogeologica. Nel 19% dei Comuni sono presenti, in aree a rischio idrogeologico, strutture pubbliche quali ospedali e scuole.
Considerando il lavoro di mitigazione del rischio idrogeologico, afferma il Rapporto, sono appena il 22% i Comuni che intervengono in questo settore in modo positivo, mentre il 43% non fa praticamente nulla per prevenire i danni derivanti da alluvioni e frane. Migliori i dati del sistema locale di protezione civile, poiché il 76% delle amministrazioni comunali possiede un piano d’emergenza da mettere in atto in caso di frana o alluvione, e nel 51% dei casi i piani sono stati aggiornati negli ultimi due anni.
Procedono invece a rilento le delocalizzazioni: “Soltanto il 6% dei comuni intervistati ha intrapreso azioni di delocalizzazione di abitazioni dalle aree esposte a maggiore pericolo e appena nel 3% dei casi si è provveduto con interventi analoghi su insediamenti o fabbricati industriali. La difficoltà di attuare interventi di delocalizzazione è anche legata alla generale resistenza delle popolazioni ad accettarla anche a fronte di un rischio acclarato, rispetto al quale i possibili interventi strutturali hanno scarsa possibilità di successo”.
In particolare, secondo il report del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio “Rischio idrogeologico in Italia” – dell’ottobre 2008, in Abruzzo, 294 Comuni, pari al 96% del totale, sono a rischio idrogeologico.mentre dati Legambiente, rilevati su un campione parziale di comuni, evidenziano che solo l’11% dei Comuni abruzzesi ritiene positivo il lavoro svolto dagli organismi regionali per risolvere le problematiche dovute a tali problemi mentre il restante 89% lo identifica come scarso o insufficiente.
Tra i Comuni oggetto di indagine solo Senigallia (An) ha meritato un ottimo, mentre i Comuni abruzzesi non sono andati oltre il sufficiente. In particolare la classifica ha individuato, nell’aquilano, Pereto, con sufficiente, Civita d’Antino e Trasacco con scarso, Luco dei Marsi, Carsoli , Ortona dei Marsi e San Vincenzo Valle Roveto con insufficiente; nel pescarese Abbateggio con scarso, Farindola, Elice, Roccamorice e Spoltore con insufficiente; nel chietino San Salvo con buono, San Vito Chietino con sufficiente, Fossacesia , San Giovanni Teatinoe Ortona, con scarso; Colledimezzo, Palombaro, Chieti, Archi, Taranta Peligna, Pollutri e Torricella Peligna, insufficiente; nel Teramano Cortino, scarso, Pinetoe Fano Adriano con insufficiente.
“I danni provocati dalle recenti alluvioni che hanno colpito il Veneto, la Calabria e la Campania” commenta il direttore generale di Legambiente Rossella Muroni “sono la testimonianza di quanto il nostro Paese sia sempre più esposto al rischio idrogeologico. Non può bastare evidentemente il sistema di pronto soccorso per l’emergenza già in corso, ma è necessaria una concreta politica di prevenzione per non assistere mai più a drammatiche vicende come, per esempio, quella di Atrani in Costiera Amalfitana, agendo prioritariamente proprio sul reticolo idrografico minore, su quei fiumi, torrenti e fossi che sembrano rappresentare oggi la vera emergenza dell’Italia”.
Raffaele Di Marcello