Coronavirus Abruzzo, spunta il piano di prevenzione del 2015 sui potenziali rischi

I coronavirus sono un esempio di virus che hanno effettuato il salto di specie”. E’ quanto si legge nel Piano di Prevenzione 2014-2018 della Regione Abruzzo, in cui l’ente scriveva che “le infezioni da Sars CoV, Mers CoV, nuovi ceppi influenzali a trasmissione umana, l’influenza aviaria H7N9 e le infezioni da Ebola virus alimentano il burden delle malattie infettive e sono causa di elevato livello di attenzione al livello globale”.

 

In base al Piano la Regione doveva approvare entro il 2016 una “delibera regionale per l’adozione di un Piano permanente per la gestione delle emergenze infettivologiche ed in particolare per l’adeguata diagnosi e presa in carico dei pazienti con infezioni diffusive per via aerea”. Per la Regione, in sintesi, bisognava “introdurre un piano di risposta generale regionale alle grandi emergenze infettive per poterle contenere, circoscrivere la loro trasmissione e mantenere in sicurezza gli operatori sanitari coinvolti nelle procedure di assistenza e di cura”. Il Piano di Prevenzione fu approvato nel 2015, modificato nel 2016 e poi prorogato anche per il 2019 nel 2018.

 

Nel confermare che quella delibera non c’è mai stata, fonti della Regione sottolineano che lo scopo doveva essere una “gestione omogenea all’interno delle Asl” e che oggi “nella prassi e nell’organizzazione” viene fatto tutto ciò che è necessario e che il Piano permanente avrebbe potuto prevedere. Nel documento la Regione scriveva che “un livello di guardia costantemente elevato permette, a costi comunque strutturali e contenuti, una migliore potenzialità di risposta ad eventuali evenienze emergenti di rischio” consentendo, grazie alle capacità di monitoraggio e risposta “di evitare tassi elevati di trasmissione in caso di esposizioni a rischio, ridurre la mortalità e la stessa morbilità associata alle emergenze infettive. Lo sviluppo di piani aggiornati di preparazione e risposta intersettoriali in grado di identificare rapidamente e contenere tempestivamente le emergenze infettive e la disponibilità di piani e presidi, sia generici che specifici per patologia infettiva – si legge ancora – è pertanto un obiettivo da perseguire per una risposta di sanità pubblica efficace”. “Le epidemie di infezioni di nuovi agenti infettivi e delle infezioni riemergenti, oltre a provocare l’aumento della mortalità, provocano l’impoverimento delle risorse degli Stati a causa dell’alto tasso di ospedalizzazioni e della necessità di cure ed assistenza spesso costose ed intensive”, prosegue il Piano di prevenzione.

 

“In assenza di un vaccino prontamente disponibile e di farmaci efficaci – scrivevano gli esperti – le uniche misure di sanità pubblica per il controllo dell’epidemia sono rappresentate da strategie di identificazione e contenimento, incluso l’isolamento o quarantena dei casi accertati per la prevenzione della trasmissione interumana”. “Il punto chiave in questi sforzi – si legge – è rappresentato dall’esistenza di strumenti per la diagnosi precoce e per la immediata presa in carico dei pazienti, dall’esistenza di sistemi di sorveglianza che forniscano accesso immediato alle informazioni sul numero di nuovi casi clinici, dalla ricerca della fonte di esposizione, dalla possibilità di produrre farmaci e/o vaccini attivi. Per i casi accertati devono essere messi in atto provvedimenti sanitari che vanno dall’isolamento alle cure assistenziali di base”.

 

Oltre all’approvazione del “Piano permanente per la gestione delle emergenze infettivologiche” entro il 2016, il Piano di Prevenzione prevedeva di ispezionare “tutte le UO di Pronto Soccorso della Regione, ed in tutte identificate aree di sicurezza e percorsi separati per il triage dei pazienti a rischio respiratorio. Si tratterà di chiara identificazione e finalizzazione di locali adeguati per l’isolamento temporaneo, prima del trasferimento del paziente nella struttura più vicina per il triage completo, come di seguito esplicitato”. “Tale adeguamento di base – si legge nel documento – verrà previsto ed introdotto in tutte le strutture sanitarie dotate di pronto soccorso e non incluse nel novero di della rete di triage in sicurezza/diagnosi/presa in carico precoce (Spoke), per evitare il più possibile i rischi di trasmissione nelle fasi preliminare al trasporto dei pazienti nei centri di riferimento (Hub). Nelle strutture ospedaliere ove è presente una UO di Malattie Infettive per la presa in carico dei pazienti a rischio di diffusione aerea (Hub), verranno invece strutturate con adeguamento permanente camere di isolamento con pressione negativa adiacenti ai locali di pronto soccorso, con la dotazione adeguata dei presidi diagnostici radiologici e microbiologici sopra menzionati”.

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