Le caserme militari possono essere considerati luoghi sensibili dai quali le sale giochi devono mantenere una distanza minima.
Come riporta Agipronews è quanto ha stabilito la Consulta che ha ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tar Abruzzo. Nel 2017 il tribunale amministrativo aveva chiesto l’intervento della Corte Costituzionale in seguito al ricorso presentato dalla titolare di una sala di Lanciano contro la legge regionale adottata nel 2013.
Comune e Questura, spiega Agipronews, avevano negato la licenza all’esercente sulla base della norma che vieta l’apertura di sale da gioco a una distanza inferiore a 300 metri da luoghi definiti “sensibili”, tra cui scuole, strutture sanitarie, impianti sportivi e, appunto, caserme.
Un’inclusione legittima secondo i giudici: “Il legislatore abruzzese è certamente intervenuto nell’ambito della materia “tutela della salute”, senza invadere la competenza esclusiva dello Stato, con una disciplina che appare altresì non irragionevole, poiché le caserme militari presentano caratteristiche idonee a essere qualificate come luoghi sensibili”, si legge nella sentenza pubblicata oggi.
In particolare, scrivono i giudici, le caserme “sono destinate all’addestramento e all’alloggio dei militari, in particolare e nella maggior parte dei casi dei giovani che svolgono la precipua formazione in tale campo”. Si tratta, quindi, “di peculiari centri di aggregazione di soggetti che ben possono considerarsi più esposti ai rischi legati ai giochi leciti”. In questo senso “non si vede come l’appartenenza a un corpo militare (e tantomeno il legittimo possesso di un’arma) potrebbe essere ritenuto di per sé un indice di minore vulnerabilità alla ludopatia”, come aveva invece sostenuto la difesa della titolare della sala.
Le caserme, inoltre, rappresentano anche “luoghi di aggregazione in cui possono transitare soggetti in difficoltà, che cercano tutela e protezione (si pensi a chi denunci un reato contro la persona o il patrimonio), quindi potenzialmente più esposti a quei fenomeni di debolezza psichica su cui s’innesta la ludopatia”. La possibilità da parte delle Regioni di intervenire in materia, ricorda la Corte, è confermata anche dagli ultimi interventi regolatori, in particolare l’Intesa siglata in Conferenza Unificata nel 2017 tra Stato ed enti locali. L’accordo prevedeva esplicitamente la possibilità per le Regioni di dettare discipline più restrittive sulla distribuzione delle sale giochi; sulla base di questo è anche possibile “nei limiti della non irragionevolezza” che ogni Regione decida quali luoghi includere tra gli spazi “off limits”, valutazioni che “ben potrebbero, ad esempio, essere legate alla specifica conformazione territoriale”.
Non a caso, conclude la Consulta, “le scelte regionali sul punto sono state assai diversificate e solo per alcuni luoghi si riscontra un costante inserimento nell’elenco, mentre non sono infrequenti valutazioni specifiche di singole Regioni (si pensi alle stazioni bus o ferroviarie)”, come nel caso dell’Abruzzo.