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Palamara e le chat intercettate. Legnini: intervento doveroso. Ora letture fuorvianti

Risalgono all’agosto del 2018 le chat intercettate agli atti dell’inchiesta di Perugia sul pm romano Luca Palamara dalle quali emergerebbero, come afferma il leader della Lega Matteo Salvini, “le trame di Giovanni Legnini, vicepresidente del Csm e sottosegretario di due governi a guida Pd, per far intervenire il Consiglio Superiore della Magistratura a supporto delle indagini sullo sbarco degli immigrati dalla nave Diciotti”.

 

Le intercettazioni sono pubblicate oggi da La Verità e da esse emerge, sempre secondo quanto riferisce Salvini, che “quattro consiglieri del Csm (tra cui Luca Palamara che mi definiva ‘merda’) invocavano l’intervento del Csm – così come ordinato da Legnini – per difendere ‘l’indipendenza della magistratura’ che io avrei messo in pericolo. Un attimo dopo Legnini rispondeva pubblicamente che l’unico obiettivo era assicurare ‘l’indipendenza della magistratura’”.

 

La prima chat intercettata riportata da La Verità è della sera del 24 agosto 2018. Legnini scrive a Palamara: “Luca, domani dobbiamo dire qualcosa sulla nota vicenda della nave. So che non ti sei sentito con Valerio (il consigliere del Csm in quota Area Valerio Fracassi – ndr) Ai (Autonomia e indipendenza – ndr) ha già fatto un comunicato, Area (la corrente di sinistra delle toghe – ndr) è d’accordo a prendere un’iniziativa Galoppi idem (il consigliere del Csm Claudio Galoppi – ndr). Senti loro e fammi sapere domattina”. Palamara risponde: “Ok, anche io sono pronto. Ti chiamo più tardi e ti aggiorno”. E Legnini: “Sì, ma domattina dovete produrre una nota, qualcosa insomma”. Un minuto dopo Palamara scrive a Fracassi: “hai parlato con Gio (Giovanni Legnini – ndr)?… che dici, che vogliamo fare?”. I due si danno appuntamento per l’indomani.

 

A metà mattina sul cellulare di Palamara arriva questo messaggio Whatsapp (non si dice da chi): “Dobbiamo sbrigarci! Ho già preparato una bozza di richiesta. Prima di parlarne agli altri concordiamola noi”. Secondo quanto scrive La Verità a questo punto parte un giro di consultazioni per l’approvazione della bozza e nel pomeriggio del 25 agosto agenzie e giornali online battono la notizia che quattro consiglieri del Csm (Valerio Fracassi, Claudio Galoppi, Aldo Morgigni e lo stesso Palamara) chiedono che il caso Diciotti sia inserito all’ordine del giorno del primo plenum del Csm, sollecitando un intervento del Consiglio “per tutelare l’indipendenza della magistratura e il sereno svolgimento delle attività di indagine” a fronte di “interventi del mondo politico e delle istituzioni” che “per provenienza, toni e contenuti rischiano di incidere negativamente sul regolare esercizio degli accertamenti in corso”.

 

Poco dopo, sempre secondo la ricostruzione de La Verità, Legnini dichiara che l’istanza sarà trattata nel primo comitato di presidenza, aggiungendo che “il nostro obiettivo è esclusivamente quello di garantire l’indipendenza della magistratura e il sereno svolgimento delle indagini e di ogni attività giudiziaria”.

 

“Si trattò di un intervento doveroso, che rientra nelle competenze del Csm, svolto esclusivamente a tutela dell’indipendenza della magistratura dagli altri poteri dello Stato, e che rifarei esattamente negli stessi termini poiché mi sono sempre battuto per affermare le reciproche sfere di autonomia tra magistratura e politica. I messaggi oggi pubblicati non hanno nulla a che vedere, dunque, con la vicenda Palamara”. Lo dichiara Giovanni Legnini auspicando la chiusura di “una polemica generata dallo stillicidio di pubblicazioni di messaggi decontestualizzati e perciò parziali e fuorvianti”. L’intervento di Legnini è legato alle “ricostruzioni apparse oggi sul quotidiano La Verità e alle prese di posizione di alcuni esponenti politici” “I fatti sono noti e facilmente verificabili, e risalgono al 24 agosto 2018 e ai giorni successivi.

 

Il Procuratore della Repubblica di Agrigento – ricorda- aveva avviato un’indagine sulle vicende dello sbarco dei migranti dalla nave Diciotti, ed in conseguenza di tale attività era stato fatto oggetto di aggressioni sulla stampa e sui social da parte di esponenti politici e di governo. La magistratura associata si espresse subito con posizioni a tutela dell’indipendenza delle attività del Procuratore: intervenne pubblicamente l’ANM, il gruppo di Autonomia e Indipendenza, altri gruppi e singoli ed autorevoli magistrati”. “Le attività del Consiglio Superiore della magistratura erano sospese a causa del periodo feriale, e quale Vice Presidente era mio dovere istituzionale- sottolinea – , prima di assumere qualsiasi posizione, consultarmi con i componenti del Consiglio. Pertanto chiesi ai rappresentanti individuati dai gruppi consiliari di esprimere la loro posizione. I messaggi che sono stati resi pubblici rendono conto di questa richiesta, il cui significato è esattamente opposto a quanto riferisce La Verità”.

 

“Il mio lavoro – chiarisce- era finalizzato a conoscere l’orientamento dei componenti togati del massimo organo di governo autonomo della magistratura, sulla tutela dell’immagine e delle attività di un Procuratore aggredito ed intimidito. Dopo che tutte le componenti associative si espressero in modo unanime e conforme, quale Vice Presidente resi pubblica la posizione del CSM con una nota, esclusivamente indirizzata a tutelare il sereno svolgimento delle attività di indagine da parte della Procura di Agrigento, senza mai entrare nel merito delle stesse e senza esprimere alcun giudizio sulle attività in corso. Preannunciai inoltre che avrei investito della vicenda, come mi era stato richiesto dai gruppi consiliari, il Plenum del Csm alla riapertura. Di tutto ciò diedi conto con un’intervista al quotidiano La Stampa il 26 agosto, che riporta esattamente tali fatti e le posizioni espresse”.