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Lavoratori “irregolari” nel turismo: l’Abruzzo è tra le regioni peggiori

Abruzzo. Nelle scorse settimane l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha condotto una “operazione di vigilanza straordinaria” nei settori del Turismo e dei Pubblici Esercizi, con l’obiettivo di contrastare il lavoro nero ed il rispetto delle norme in materia di salute e sicurezza.

 

Purtroppo, i dati confermano quanto la FILCAMS CGIL da sempre denuncia: lo sfruttamento, la precarietà e l’illegalità sono il male di questo settore.

Sul territorio nazionale, su 445 aziende controllate il 76% sono risultate irregolari.

Purtroppo, i dati dell’Abruzzo sono decisamente peggiori rispetto al resto del paese:

Delle 15 imprese oggetto di verifica in Abruzzo, ben 14, sono risultate irregolari (93%, rispetto ad una media nazionale del 76%).

Delle 51 posizioni lavorative verificate, 20 sono risultate irregolari (40% rispetto al 36% della media nazionale), 16 sono i lavoratori trovati completamente in nero (31% rispetto al 18% della media nazionale).

Le denunce di lavoro nero hanno portato a 9 provvedimenti di sospensione, che si aggiungono alle 3 sospensioni comminate per gravi inadempienze in materia di Salute e Sicurezza sul Lavoro.

“Certo, si tratta di numeri ridotti rispetto alle migliaia di imprese che operano nel settore, ma rappresentano in modo plastico quanto sia la situazione di gravissima irregolarità ad essere il vero male del settore”, analizza Lucio Cipollini della Filcams Cgil.

 

I primi dati del 2023 parlano di una stagione di forte crescita per il settore del turismo.

Da una parte si prevedono presenze decisamente superiori a quelle degli anni pre-covid, dall’altra i datori di lavoro del settore lamentano, ancora una volta, la carenza di personale.

“A tutti quegli imprenditori che non riescono a trovare personale la FILCAMS CGIL Abruzzo Molise risponde, ancora una volta, che è in questi dati che va letta la vera motivazione della carenza di personale che sempre più si registra nel Turismo”.

“È ora di finirla con le false polemiche, prima sul reddito di cittadinanza e poi sui giovani che non vogliono lavorare nel fine settimana e sulle competenze che scarseggiano.

Piuttosto che arrampicarsi su scivolosi argomenti autoassolutori, gli imprenditori dovrebbero capire che le lavoratrici e i lavoratori non vogliono lavorare in questo settore perché sono stanchi di anni di sfruttamento, sono stanchi di lavorare in nero, sono stanchi di firmare contratti per 12 ore settimanali per poi lavorarne 60, sono stanchi dei voucher, sono stanchi della precarietà, sono stanchi di lavorare con contratti collettivi di lavoro scaduti da diversi anni.

Noi crediamo che il rilancio del settore passi per la valorizzazione del lavoro. Soprattutto nel turismo la qualità del servizio, la professionalità, la cortesia e la disponibilità dei lavoratori sono il valore aggiunto che fa fare il salto di qualità alle aziende.

Noi crediamo, e i dati lo dimostrano, questa classe imprenditoriale (o quanto meno la gran parte di essa) sia la rovina del settore”.