La popolazione diminuisce in tutte le province della regione. In particolare, L’Aquila registra il maggiore decremento sia in termini assoluti (290.811 abitanti; -4.027 unità) che relativi (-1,4%); seguono Chieti (375.215 ; -3.625 unità, -1%), Teramo (301.104; -2.796, -0,9%) e Pescara (313.882; -2.481, -0,8%). Il comune abruzzese più piccolo è Montebello Sul Sangro, con 75 abitanti, mentre Pescara continua a essere il più grande (118.766 abitanti). E’ quanto emerge dal censimento permanente della popolazione in Abruzzo, curato dall’Istat e riferito al 2020.
Il 29,3% della popolazione abruzzese vive nella provincia di Chieti, che ricopre il 24,0% del territorio e dove la densità abitativa è di 144 abitanti per chilometro quadrato, contro i 118 in media nella regione. La provincia di Pescara, con il 24,5% dei residenti ma soltanto l’11,3% di superficie, è invece quella con la densità abitativa più elevata, 255 abitanti per chilometro quadrato. Viceversa, a L’Aquila, dove il 22,7% dei residenti occupa poco meno della metà del territorio regionale, la densità abitativa è di appena 58 abitanti per chilometro quadrato.
Solo 60 dei 305 comuni abruzzesi – emerge dai dati – non hanno subito perdite di popolazione e tra questi solo quattro comuni con oltre 20.000 abitanti. Il comune che fa registrare il massimo incremento assoluto di popolazione (+568 unità) è Francavilla al Mare. Sono invece 245 i comuni dove la popolazione diminuisce: in valore assoluto le perdite più consistenti si registano a Teramo (-1.522), Chieti (-1.148) e Pescara (-1.096), in termini relativi nei comuni di Cansano (-8,7%) e Montebello sul Sangro (-8,5%).
Sotto il profilo della dimensione demografica, tre dei nove comuni con popolazione tra 20.001 e 50.000 abitanti non hanno perso residenti. La popolazione risulta invece in calo nell’88,5% dei comuni con popolazione compresa tra 5.001 e 10.000 residenti e nell’87,9% di quelli con popolazione tra 1.001 e 5.000 residenti.
Il decremento della popolazione, in Abruzzo, è dovuto principalmente al deficit di ‘sostituzione naturale’ tra nati e morti. Questa tendenza è stata ulteriormente aggravata dalla pandemia da Covid-19. L’eccesso di decessi, direttamente o indirettamente riferibile alla pandemia, ha comportato l’incremento del tasso di mortalità dall’11,3 del 2019 al 12,4 per mille del 2020, con il picco del 12,8 per mille della provincia dell’Aquila. E’ quanto emerge dal censimento permanente della popolazione in Abruzzo curato dall’Istat e riferito al 2020.
Sulla natalità gli effetti sono meno immediati e il calo delle nascite, registrato anche nel 2020, è riconducibile soprattutto a fattori pregressi, come la sistematica riduzione della popolazione in età feconda, la posticipazione nel progetto genitoriale e il clima di incertezza per il futuro. Tra il 2019 e il 2020 il tasso di natalità è sceso dal 6,6 al 6,4 per mille, con un calo maggiore nelle province di Chieti (da 6,4 a 6,1) e Teramo (da 6,7 a 6,4 per mille). A Pescara il dato è invariato (6,8), mentre all’Aquila aumenta debolmente (da 6,3 a 6,4).
I movimenti tra comuni – emerge dai dati Istat – si sono ridotti drasticamente durante la prima ondata della pandemia, a causa del lockdown di marzo che ha ridotto al minimo la mobilità residenziale, per poi riprendere nei mesi successivi.
Il tasso migratorio interno, da -1 per mille del 2019, si attesta a -0,1 per mille nel 2020, oscillando tra -0,4 per mille della provincia di Teramo a 1,2 di Pescara. Le ripercussioni sono state molto più rilevanti sui movimenti migratori internazionali. Il tasso migratorio estero, pur rimanendo positivo in tutte le province, si riduce in modo consistente rispetto al 2019 (dal 2,4 al 1,3 per mille), in particolare nella provincia di Teramo (da 2,9 a 1,3 per mille).