Grave peggioramento per lo stato chimico: 21% in stato “non buono” per presenza oltre la soglia di nichel, mercurio, piombo, cadmio e pesticidi. Lieve miglioramento per quello ecologico ma il 66,5% resta non conforme dall’obiettivo comunitario.
A sollevare il caso, anche alla luce della nuova mappa dei corsi d’acqua abruzzesi, è il Forum H2O, che parla di un lungo cammino per gli obblighi di risanamento, ma “si continua ad aumentare la pressione antropica sul corsi d’acqua.
I fiumi abruzzesi restano malati gravi, con il 66,5% dei 111 punti di campionamento non conforme rispetto allo standard “buono” richiesto dalla Direttiva 60/2000/CE “Acque” per lo stato ecologico e ben il 21% degli 81 punti di campionamento in uno stato “non buono” per lo stato chimico.
I dati della classificazione ARTA per il triennio 2015-2017 pubblicati dalla regione Abruzzo solo a seguito dell’ennesimo accesso agli atti dipingono un quadro sconfortante della condizione ambientale dei corsi d’acqua della regione. La classificazione è di grande rilevanza perché deve (meglio sarebbe dire, dovrebbe) orientare tutti gli interventi e le decisioni degli amministratori.
Ricordiamo che la classificazione per lo stato chimico viene fatta in due categorie, “buono” e “non buono”, sulla base di eventuali superamenti per alcune sostanze delle soglie degli Standard di Qualità Ambientale. Per lo stato ecologico, le misurazioni dei parametri portano a classificare i corsi d’acqua in 5 possibili categorie: pessimo, scadente, sufficiente, buono ed elevato.
Per quanto riguarda lo stato chimico, si è registrato un netto peggioramento, con il raddoppio delle stazioni in uno stato “non buono” che passano dall’11% del periodo 2010-2015 (su 73 stazioni di monitoraggio) al 21% del triennio più recente 2015-2017 (su 81 stazioni) a causa della presenza oltre la soglia di metalli pesanti, pesticidi o altre sostanze come Nichel (nel Sangro e nel Moro), Piombo (Salinello, Mavone, Cerrano e Calvano), Mercurio (Castellano, Tronto e Sinello), Cadmio (Aventino), clorpirifos (Dendalo, Moro), pentaclorofenolo (Tavo).
Per quanto riguarda lo stato ecologico, fondato sulla misura di indicatori biologici come, ad esempio, le macrofite e i macro-invertebrati, il confronto con i dati della classificazione precedente 2010-2015 ci dice invece che sulle 111 stazioni dislocate lungo i vari corsi d’acqua (i principali ne hanno più d’una) in 12 casi c’è stato un peggioramento e in 19 casi un miglioramento. Le restanti sono rimaste invariate. Pertanto dal 72% di non conformità rispetto all’obiettivo di qualità ecologica “buono” fissato dalla Direttiva 60/2000/CE si è passati al 66,5%. Si tratta di un lieve miglioramento, derivante quasi esclusivamente dai passaggi di classe avvenuti in provincia di Chieti dove si sono registrati ben 11 miglioramenti di classe conto un solo peggioramento. Nella provincia di Pescara 2 miglioramenti e nessun peggioramento mentre a L’Aquila e a Teramo la situazione è peggiorata (4 peggioramenti e 2 miglioramenti per la prima; 7 peggioramenti contro 4 miglioramenti per la seconda).
In generale si osserva che nessun fiume abruzzese è nella categoria migliore, “elevato”.
Cinque corsi d’acqua (il 4,5% del totale) sono nella categoria peggiore, “pessimo” (Giovenco, che è peggiorato di categoria, Imele, Raio, Vibrata e Mavone). Il 31,5% è in stato “scadente”, il 30,5% in stato “sufficiente” e solo il 33,5% in stato “buono”.
Anche i maggiori fiumi abruzzesi sono in stato di sofferenza, con l’Aterno-Pescara che non ha nessuna delle 7 stazioni di monitoraggio conforme agli obiettivi comunitari di qualità. Il Vomano, il Tordino e il Saline sono in stato “scarso” alla foce, il Sangro nello stato “sufficiente” alla foce (e con un tratto “scarso” lungo il corso).
Per quanto riguarda la condizione dei nostri fiumi e l’interazione con il mare, i dati sono impietosi: su 23 stazioni di monitoraggio poste vicino ad altrettante foci fluviali, cinque sono in stato “sufficiente”, diciassette in stato “scarso” e una, il Vibrata, in stato “pessimo”. Sono tutte, cioè, non conformi agli obiettivi comunitari.
La pressione antropica sui corsi d’acqua è del tutto insostenibile in tutti i settori:
-scarsa o nulla depurazione con scarichi fuori norma;
-captazioni a scopi idroelettrici, irrigui o industriali che sottraggono troppa acqua sia con captazioni e sbarramenti diretti sul fiume sia con le captazioni in subalveo dei pozzi, impattando negativamente sui cicli biologici;
-immissioni di pesticidi e fertilizzanti, alcuni dei quali assai pericolosi anche per la salute umana come quello ritrovato nei fiumi chietini, il clorpirifos. Giusto per capire di cosa parliamo, recentemente l’EFSA ha evidenziato una preoccupazione su possibili effetti genotossici e neurologici di questa sostanza durante lo sviluppo, suffragate da dati epidemiologici che indicano effetti nei bambini;
-gestione scorretta delle rive con eliminazione della vegetazione ripariale.
A tutto ciò si aggiungono situazioni di illegalità, come scarichi di reflui, rifiuti, captazioni irregolari. Basta andare su qualsiasi fiume abruzzese per verificare una situazione praticamente fuori controllo.
Nonostante tutti ciò si continua come se nulla fosse a pensare e addirittura realizzare nuovi progetti che aumentano la pressione antropica già insostenibile che con tutta evidenza i territori non possono sopportare. Si pensi alle nuove centraline idroelettriche sul Sagittario e sul Vomano, oppure all’impianto di trattamento dei rifiuti liquidi della Wash a Nereto che, se approvato, aumenterà la quantità di scarichi in uno dei fiumi più inquinati d’Italia. Solo una vera e propria sollevazione ha scongiurato la realizzazione di un impianto a biomasse sul Tavo.
A questo punto chiediamo alla Regione, sia ai politici che ai dirigenti: cosa volete fare per rispondere all’obbligo di risanare questa situazione, sia per la salute dei cittadini sia per il nostro turismo sia, più in generale, per dimostrare che siamo una comunità civile?