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Denatalità, spopolamento e centri urbani: come sarà l’Abruzzo nel 2030

Nonostante abbia sostanzialmente mantenuto lo stesso numero di abitanti degli anni ’50, l’Abruzzo non sfugge al fenomeno dello spopolamento, soprattutto nelle aree distanti dei grandi centri urbani.

 

Si tratta di una dinamica caratterizzata dalla denatalità, ma anche dallo spostamento delle persone dalle aree interne alle zone più urbanizzate. Tuttavia, anche in regione esistono casi in cui queste tendenze si vogliono invertire, attraverso iniziative e politiche mirate al ripopolamento.

È cosa nota che il nostro paese mostri, da diversi anni, i segni evidenti del declino demografico e della denatalità. Una dinamica accelerata dalla grande recessione iniziata nel 2008, e che da allora non si è più arrestata. Da alcuni anni a questa parte, ogni rilevazione segna un nuovo record minimo di nascite dall’unità d’Italia a oggi.

L’impatto della denatalità sulla regione

Da questa tendenza non è affatto immune l’Abruzzo, anzi. Nella regione, come nel resto del paese, il tasso di natalità – ovvero il numero di nuovi nati in rapporto alla popolazione – è calato in modo sistematico.

Il fenomeno della denatalità è iniziato storicamente prima nella regione, sia in confronto alla media nazionale, che rispetto al resto dell’Italia centro-meridionale. All’inizio del XXI secolo, mentre il tasso di natalità italiano superava le 9 nascite ogni mille abitanti e quello del sud era sopra quota 10, l’Abruzzo si attestava a 8,4 nuovi nati per mille residenti.

Nel 2021, ultimo anno per cui è disponibile un dato definitivo, i nuovi nati nella regione sono stati 6,5 ogni mille abitanti, a fronte di una media nazionale di 6,8. Si tratta di una quota che pone l’Abruzzo a metà classifica rispetto alle altre regioni italiane. [grafico del tasso di natalità in Abruzzo dal 2002 al 2022]

Oltretutto la situazione risulta molto differenziata all’interno territorio regionale. Tutte le province abruzzesi, senza eccezioni, hanno visto un calo della natalità dal 2002 ad oggi. Tuttavia, nel 2021 si registra una forbice che va dai 7 nuovi nati ogni 1.000 abitanti del pescarese ai 6 dell’area aquilana. In mezzo, le province di Teramo (6,6) e Chieti (6,4).

La provincia dell’Aquila è anche, non casualmente, quella per cui – in uno scenario di previsione mediano – si prevede incideranno di più i residenti anziani. Gli over 65 nell’aquilano potrebbero rappresentare quasi il 30% della popolazione nel 2030 (29,9%).

Più della media nazionale, quel 27,3% di ultra sessantacinquenni previsto in Italia all’inizio del prossimo decennio. Una quota comunque superata da tutte le province abruzzesi: 29,5% in quella di Chieti, 28,3% in quelle Teramo e Pescara.

Sembrano essere soprattutto i comuni distanti dalle aree più urbanizzate a risentire della tendenza alla denatalità. Nel 2020, il tasso di natalità mediano ha superato i 6 nati ogni mille abitanti nei comuni polo e in quelli di cintura della regione. Ovvero le città principali, baricentriche in termini di servizi, e i loro hinterland.

Nei comuni intermedi il tasso di natalità mediano scende a circa 5 nuovi nati ogni mille residenti. In quelli periferici e ultraperiferici cala rispettivamente a 4,3 e 4,1 nascite per mille abitanti. [la denatalità nell’Abruzzo interno]

Come conseguenza, attualmente solo il 30% dei comuni della regione supera il tasso di natalità rilevato a livello nazionale, pari nel 2020 a 6,8 nuovi nati ogni 1.000 abitanti. Parliamo di 92 comuni su 305, tra cui 6 dove il tasso di natalità ha superato quota 12 ogni mille abitanti.

Si tratta di Guilmi (Chieti), San Pio delle Camere (L’Aquila), Castel Castagna (Teramo), Rosciano (Pescara), Montelapiano (Chieti) e Gagliano Aterno (L’Aquila). Quest’ultimo è anche il comune abruzzese con l’incremento maggiore tra 2014 e 2020: da 0 nuove nascite ogni mille residenti a 12,2.

L’Abruzzo nel 2030

Uno sguardo soltanto superficiale ai dati demografici potrebbe indurre a pensare che l’Abruzzo non abbia alcun problema di spopolamento. La regione dei primi anni ’20 di questo secolo ha grossomodo gli stessi abitanti rilevati nel 1951, all’epoca del primo censimento nell’Italia del dopoguerra: 1,28 milioni.

Come abbiamo avuto modo di raccontare, si tratta però di una stabilità solo apparente. Non solo perché l’andamento nell’arco dei decenni è stato tutt’altro che piatto. Con un calo fino agli anni ’70 – quando nel censimento del 1971 la popolazione era scesa a 1,17 milioni, in conseguenza delle emigrazioni del secondo dopoguerra – seguito da una risalita fino al 2011 e da una successiva discesa.

Attorno al 2030 – in uno scenario di previsione mediano, intermedio tra quelli “più pessimistici” e quelli “più ottimistici” – i residenti in Abruzzo potrebbero essere meno di 1,23 milioni (-4% rispetto ad oggi). Nel 2050 potrebbero scendere sotto la soglia di 1,1 milioni. Nel 2070 – sempre in uno scenario di previsione mediano – gli abruzzesi potrebbero essere circa 920mila. Ovvero il 28% in meno rispetto a oggi. [grafico delle proiezioni sui residenti abruzzesi fino al 2070]

Ovviamente, più si spinge in là la proiezione, più l’elevato numero di variabili rende difficile una stima solida. Per questo le simulazioni di Istat al 2070 prevedono una forbice molto ampia, che negli scenari probabilistici più favorevoli sfiora quota 1,1 milioni e in quelli più sfavorevoli si attesta poco sopra i 760mila residenti.

Saranno circa 1,23 milioni gli abitanti in Abruzzo nel 2030. Con un range molto più contenuto tra gli scenari più favorevoli (1,25) e quelli più pessimistici (1,22). Nello scenario di previsione mediano, l’Abruzzo del 2030 potrebbe avere circa 50mila abitanti in meno rispetto all’inizio di questo decennio. Ovvero il 3,7% in meno di quanto rilevato nel 2021: un calo ben più marcato di quello medio nazionale (-2,2% nello stesso periodo). Per tutte le province abruzzesi, da qui al 2030, è previsto un calo – più o meno netto – della popolazione. Non si tratta di una tendenza da considerare scontata, derubricabile a una dinamica complessiva della demografia nazionale, pure declinante.

Le province dell’Abruzzo mostrano invece il segno meno, in uno scenario di previsione mediano. Nel corso di questo decennio è Chieti la provincia che potrebbe vedere la contrazione più significativa, sia in termini relativi (-4,5% tra 2021 e 2030) che assoluti. In un territorio dove oggi vivono 375mila persone, potrebbero abitarne 358mila tra meno di un decennio.

La seconda provincia per spopolamento è L‘Aquila, con quasi 13mila residenti in meno, pari al 4,4% della popolazione. Seguono Teramo, che potrebbe perdere circa 10mila abitanti (-3,2% rispetto a oggi) e Pescara (con oltre ottomila residenti in meno e un calo del 2,7%).

Questi trend di spopolamento si riscontrano anche a livello comunale, con una disaggregazione simulabile purtroppo solo per le città maggiori e i centri con almeno 20mila abitanti. Tutti i capoluoghi dovrebbero vedere una diminuzione della popolazione, anche se con intensità molto diverse.

Il comune di Chieti potrebbe registrare una contrazione del 5,6%, quello di Teramo del 4,7%. Più contenuto il calo previsto per la città di Pescara (-3,5%), mente L’Aquila potrebbe osservare una sostanziale stabilità della sua popolazione in questo decennio (-0,16% nel 2030).

Non tutti i maggiori comuni abruzzesi del resto appaiono destinati allo spopolamento. Tra i “grandi comuni”, ovvero le località con almeno 20mila abitanti secondo la metodologia Istat, ve ne sono 4 che vedranno un aumento della popolazione. In tutti i casi si tratta di comuni della costa: Montesilvano (+3,8% di residenti previsti per il 2030), Francavilla al Mare (+3,1%), Roseto degli Abruzzi (+2,3%) e Vasto (quest’ultimo in realtà sostanzialmente stabile nel decennio in corso: +0,1%).

Al contrario, i 2 comuni che potrebbero registrare i cali più significativi sono Ortona (-5,9% nel 2030) e Sulmona. La città dell’entroterra aquilano potrebbe perdere quasi un abitante su 10 in questo decennio: -9,7%.

Tendenze che, per un verso, sembrano proseguire quanto emerso nei decenni scorsi, con lo spopolamento dell’Abruzzo interno e la crescita della costa. E che tuttavia indicano anche dinamiche nuove, con la regressione di alcuni poli, come le città capoluogo di Chieti, Teramo e Pescara, e la stabilità di altri (come L’Aquila).

Per capire gli sviluppi dei prossimi anni, diventa quindi fondamentale poter contare su informazioni già certe, come quelle registrate nel corso dell’ultimo decennio. Questi dati offrono uno spaccato che va dall’Abruzzo del censimento del 2011 – cioè pochi anni dopo il devastante terremoto dell’aprile 2009 – alla fotografia registrata al 31 dicembre 2019 – alla vigilia dell’emergenza Covid. Ricostruire tendenze demografiche intervenute in questo periodo consente – in parte – di valutare la traiettoria imboccata dai suoi territori.

In questo senso, i due trend macroscopici rilevabili negli anni ’10 sono la ripartenza dell’Aquila e la crescita della costa. Nel primo caso, come prevedibile, si tratta del rimbalzo successivo al terremoto. La popolazione residente nel capoluogo regionale, dopo essere scesa dai quasi 69mila abitanti del 2001 a meno di 67mila nel 2011, è arrivata alla fine del 2019 sopra la soglia dei 70mila. Due comuni della sua “cintura”, Pizzoli e Scoppito, mostrano una crescita in doppia cifra nel decennio scorso.

Peraltro, la crescita del capoluogo regionale è avvenuta in parallelo allo spopolamento dei comuni interni non lontani. Come Crognaleto (-18% di abitanti tra 2011 e la fine del 2019), Campotosto (-17%), Fano Adriano (-23%), Pietracamela (-20%). Nel caso dei comuni della costa, l’aumento di popolazione appare molto più flebile rispetto alla crescita registrata dal dopoguerra. Alcune aree litoranee hanno anche perso popolazione nell’ultima decade, è il caso ad esempio di Ortona (-4,6%).

In generale, la popolazione delle città polo – quelle baricentriche in termini di servizi – ha visto un aumento nella regione (+1,5% nell’ultimo decennio). Una crescita inferiore a quella media nazionale per i comuni dello stesso tipo (2,5%). Allo stesso tempo, le aree interne abruzzesi sembrano spopolarsi ad un ritmo più sostenuto rispetto a quanto registrato nel resto del paese: -3,8% a fronte del -2,7% rilevabile a livello nazionale.

 

Tuttavia, nelle aree interne abruzzesi ci sono anche comuni che negli ultimi anni hanno registrato un aumento vistoso, in termini percentuali, della popolazione residente. Uno di questi comuni è Gagliano Aterno, nel cuore della Valle Subequana.

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