L’associazione Noi Autonomi e Partite Iva denuncia alla Commissione Europea il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Il popolo degli autonomie dei titolari delle partite Iva passa al contrattacco alla luce di quelli che sono stati, fino ad ora, i provvedimenti legati all’emergenza coronavirus sul piano strettamente economico.
“Già prima dell’emergenza Coronavirus la categoria sociale composta da Autonomi, Partite Iva e Professionisti”, si legge nell’esposto, “si trovava in serie difficoltà. Federcontribuenti‐ associazione italiana a tutela dei consumatori‐ ha stimato che il 25% degli autonomi viva al di sotto della soglia di povertà calcolata dall’Istat. Questa categoria sociale ha inoltre ormai “conquistato” il triste primato del più alto tasso di suicidi”.
Poi con l’evoluzione dell’emergenza Covid l’associazione nazionale autonomi, che a livello locale è rappresentata da Alessandro Abagnale (coordinatore regionale) e Antonio Lattanzi (coordinatore provinciale Teramo), è andata incontro a maggiori difficoltà. Dalla riduzione progressiva del fatturato, ma con costi di gestione ancora presenti.
“Il Governo italiano ha stanziato fondi straordinari per contenere gli effetti negativi che l’emergenza epidemiologica COVID‐19 sta producendo sul tessuto socio‐economico nazionale”, si legge ancora, “ma lo ha fatto con estrema iniquità tra le diverse categorie di lavoratori: ad alcuni ha riconosciuto pressochè tutto ad altri pressochè niente”.
E da qui la denuncia al Presidente Conte.
Nel dettaglio l’esposto
Denuncia alla COMMISSIONE EUROPEA ex art. art. 258 del TFUE Violazione del diritto dell’UE
su iniziativa dell’Associazione Noi Autonomi e Partite Iva Codice fiscale 97814030157 con sede in Milano via Privata del Gonfalone, n°4 in persona del Presidente dott. Eugenio Filograna rappresentata e difesa, giusto mandato in calce al presente atto, dall’Avv. Sara Calzi del Foro di Milano (cod. fisc. CLZSRA73R71C523U e PEC sara.calzi@milano.pecavvocati.it) con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Milano alla via Privata del Gonfalone nr 4
contro
Stato Italiano ‐ Governo della Repubblica Italiana ‐ in persona del presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte in Piazza Colonna 370 – Palazzo Chigi, Roma.
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Noi Autonomi e Partite Iva è un’Associazione senza scopo di lucro di carattere culturale, sociale e politico per lo sviluppo ed il rispetto delle attività autonome, professionali e imprenditoriali che agisce nell’interesse di tutti i propri Iscritti, nonché dei circa 300.000 sostenitori a tutela di una categoria che conta milioni di persone.
- I provvedimenti nazionali che hanno violato il diritto: Decreto Legge n. 18 del 17.03.2020 con particolare riferimento al Titolo II, Capo I (artt. 19‐22) e Capo II (artt. 24‐30)
- Descrizione della problematica
Già prima dell’emergenza Coronavirus la categoria sociale composta da Autonomi, Partite Iva e Professionisti si trovava in serie difficoltà. Federcontribuenti‐ associazione italiana a tutela dei consumatori‐ ha stimato che il 25% degli autonomi viva al di sotto della soglia di povertà calcolata dall’Istat. Questa categoria sociale ha inoltre ormai “conquistato” il triste primato del più alto tasso di suicidi.
Le Partite Iva sono abituate a non godere di diritti e tutele e, in condizioni di normalità, hanno sempre affrontato le difficoltà facendo leva esclusivamente sulle proprie forze.
Ma dal 21 febbraio 2020 – data in cui si sono scoperti i primi casi di Coronavirus in Italia‐ un evento straordinario le ha messe in ginocchio: il loro fatturato si è ampiamente ridotto o perfino azzerato da un giorno all’altro, senza neppure il tempo di capire come affrontare la crisi. E se da una parte il guadagno è venuto a mancare, dall’altra i costi sono ancora presenti: le locazioni, le bollette per utenze, le assicurazioni, i fornitori da pagare ecc. Quando potranno riaprire le attività, gli Autonomi e le Partite Ive dovranno probabilmente affrontare azioni esecutive contro i loro beni e patrimonio per ciò che incolpevolmente non saranno riuscite a pagare.
Lo scenario futuro è drammatico.
Il Governo italiano ha stanziato fondi straordinari per contenere gli effetti negativi che l’emergenza epidemiologica COVID‐19 sta producendo sul tessuto socio‐economico nazionale italiano ma lo ha fatto con estrema iniquità tra le diverse categorie di lavoratori: ad alcuni ha riconosciuto pressochè tutto ad altri pressochè niente!
In particolare con il Decreto Legge n. 18 del 17.03.2020 il Governo ha previsto misure di sostegno al mondo del lavoro, così congegnate:
- PER LAVORATORI DIPENDENTI
⇒ con gli art. 19, 20 e 21 ha ampliato i fondi della Cassa Integrazione Ordinaria da attivare con la causale “emergenza COVID‐19” per una durata massima di nove settimane.
⇒ con l’art. 22 ha creato la nuova cassa integrazione in deroga.
⇒ con l’art. 25 ha istituto un bonus per l’acquisto di servizi di baby‐sitting in conseguenza della chiusura delle scuole (oppure in alternativa il diritto a fruire di uno specifico congedo retribuito dall’Inps).
⇒ con l’art. 26 ha equiparato il periodo di quarantena alla malattia.
- PER LE PARTITE IVA – PROFESSIONISTI
Questa categoria è presa in considerazione dagli art. 27 e 28 del citato Decreto (liberi professionisti titolari di partita iva) che prevede una indennità per il mese di marzo pari a 600 euro.
In termini matematici quale è la differenza tra gli aiuti predisposti dallo Stato per queste categorie?
Per la categoria degli Autonomi e partite Iva è stata prevista una somma di € 600.
Per la categoria dei Dipendenti è stata prevista la Cassaintegrazione per 9 settimane.
La Cassa integrazione in Italia è una prestazione economica pari all’80% dello stipendio, che viene anticipata dal datore di lavoro.
Oltre al 80% della retribuzione si aggiungono degli istituti ed in particolare:
⇒ se la sospensione è parziale, le ferie maturano per intero così come i permessi retribuiti.
⇒ il TFR matura per intero a carico del datore di lavoro.
⇒ l’assegno del nucleo familiare, se spettante, continua ad essere dovuto per intero.
⇒ i periodi di integrazione salariale sono integralmente coperti dalla contribuzione figurativa, utile per la misura della pensione.
Pare non ci sia bisogno di spendere molte parole per rendersi conto che siamo di fronte a supporti economici completamente diversi, nonostante la situazione di criticità economico‐sanitaria sia la medesima per entrambe le categorie. O meglio, la situazione è senza dubbio più grave per gli Autonomi e la Partite Iva che‐ oltre a non avere entrate‐ hanno anche il problema dei costi fissi. Il Governo italiano quindi ha posto in essere trattamenti diversi in una situazione di uguale emergenza, discriminando i lavoratori in base all’appartenenza alla categoria e classe sociale.
Il Governo italiano ha realizzato una distribuzione iniqua delle risorse, al punto che si arriva a situazioni al limite del assurdo, ad esempio: ⇒ il reddito di cittadinanza arriva a 780 euro mensili per 18 mesi prorogabili per altri 18 (totale € 28.080) mentre per gli Autonomi e le Partite Iva viene riconosciuto l’importo una tantum di € 600 (neppure sufficiente a coprire i costi fissi di attività coattamente chiuse); ⇒ se una Partita Iva avesse un dipendente questo, grazie alla cassa in deroga, guadagnerà di più del suo titolare, il quale‐ oltre a guadagnare meno (600 € una tantum)‐ continuerà anche a farsi carico dei costi vivi. Eppure sono entrambi cittadini lavoratori!
L’azione del Governo non è stata quindi ispirata a criteri di equità, al punto da porsi in contrasto anche con l’art. 3 della Costituzione Italiana secondo cui “tutti i cittadini hanno pari dignità senza distinzione … di condizioni personali e sociali”. 3. LE NORME DELLA UE VIOLATE DAL GOVERNO ITALIANO Il Decreto Legge n. 18 del 17.03.2020, nella parte in cui ha distribuito i fondi a sostegno al mondo del lavoro, ha violato uno dei principali valori dell’Unione Europea, quello dell’eguaglianza (i.e. non discriminazione). Infatti secondo una costante giurisprudenza della Corte Europea i principi di parità di trattamento e di non discriminazione impongono che situazioni simili non siano trattate in maniera diversa. Uguaglianza significa riconoscere a tutti i cittadini gli stessi diritti davanti alla legge, ivi inclusa la stessa facoltà di accedere ad aiuti economici in situazioni di emergenza. Il principio di non discriminazione trova esplicazione in una serie di norme comunitarie: ⇒ Trattato sull’Unione Europea ‐ Articolo 2 L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza…
Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà… ⇒ Trattato sull’Unione Europea ‐ Articolo 3 L’Unione combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni ⇒ Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea ‐ Articolo 21 È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale L’art. 21, par. 1, si ispira all’art. 14 della CEDU. L’art. 14 infatti sancisce il divieto di discriminazione relativamente al godimento di specifici diritti riconosciuti dalla Convenzione mentre nel 2000 è stato adottato un Protocollo aggiuntivo, il n. 12, che contiene un’unica norma volta a sancire un divieto generale di discriminazione in relazione a qualsiasi diritto. ⇒ Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo ‐ Protocollo 12 – Articolo 1 Divieto generale di discriminazione Il godimento di ogni diritto previsto dalla legge deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro genere, l‘origine nazionale o sociale, l‘appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione.
Nessuno potrà essere oggetto di discriminazione da parte di una qualsivoglia autorità pubblica per i motivi menzionati al paragrafo 1. ⇒ Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea ‐ Articolo 9 Nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, l’Unione tiene conto delle esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un’adeguata protezione sociale….
*** Tutto ciò premesso, l’Associazione Noi Autonomi e Partite Iva, in persona del Presidente pro tempore dott. Eugenio Filograna ‐ ritenendo che lo Stato Italiano, con gli articoli sopra citati del Decreto Legge n. 18/2020, abbia operato una ingiusta disparità di trattamento in un contesto equiparabile, violando così il principio fondamentale di NON DISCRIMINAZIONE ampiamente tutelato e sancito dalle Fonti di diritto dell’Unione Europea intende depositare formale DENUNCIA all’Ill.ma Commissione Europea, affinché avvii un procedimento contro lo Stato Italiano, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, per l’annullamento delle sezioni e/o articoli interessate del predetto Decreto e/o per l’emanazione di nuovi provvedimenti correttivi, atti a ristabilire una condizione di parità tra le categorie sociali, in linea con quanto sancito dal diritto dell’Unione Europea.