Cala il numero di aziende guidate da donne: il 17% lavora fuori regione

Abruzzo. Di fronte ad uno storico calo del lavoro dipendente in Abruzzo, sceso nel 2022 da 366 mila a 356 mila addetti, si manifesta un ulteriore allarme, quello della drastica discesa delle imprese guidate da donne.

 

A lanciare l’allarme è Impresa Donna Confesercenti, il coordinamento che riunisce le imprenditrici associate alla Confesercenti, secondo le cui elaborazioni – grazie soprattutto a dati Unioncamere, Cresa, Movimprese – nel 2022 il numero di imprese guidate dalle donne in Abruzzo è scesa del 2,4 per cento, toccando il minimo di 38 mila 473 partite Iva, sotto la soglia del 26 per cento del totale delle imprese abruzzesi (erano il 29 per cento prima del Covid), quasi tutte (97,2 per cento ) con meno di 9 dipendenti. Il 58 per cento di queste imprese lavora nel terziario e nei servizi, il 24,1 per cento in agricoltura, il 12 per cento nell’industria. Se è vero che il calo abruzzese di imprese guidate da donne (-2,4 per cento) è meno grave del calo registrato fra le imprese non femminili (-3,1 per cento), è vero che il calo è drammaticamente più alto della media nazionale, rispettivamente -1,3 per cento per le imprese “in rosa” e -0,3 per le imprese non femminili.

“Numeri molto allarmanti – ha commentato questa mattina in conferenza stampa Marina Dolci, responsabile del coordinamento regionale di Impresa Donna Confesercenti nonché presidente provinciale della Confesercenti di Pescara – che testimoniano come l’Abruzzo, storicamente una delle regioni a più alta concentrazione di imprese femminili, stia segnando il passo. Questo si ripercuote su tutto il tessuto economico, specialmente quello delle province ad alta vocazione terziaria, vista l’altissima concentrazione di imprese femminili nel settore dei servizi. L’identikit delle aziende “in rosa” è chiaro: microimpresa a conduzione familiare, specializzata nel commercio o nei servizi, quasi sempre dislocata nel tessuto urbano. Queste imprese chiudono per la concorrenza sleale delle piattaforme online, per l’abusivismo in alcuni settori, per il pensionamento delle titolari, spesso anche per stanchezza: e il fatto che non siano rimpiazzate da imprese femminili più giovani è un danno enorme per l’Abruzzo».

“Occorre alzare la soglia di preoccupazione su questi dati – ha aggiunto Sonia Di Naccio, responsabile dell’Ufficio Politiche del lavoro di Confesercenti Abruzzo – perché tradizionalmente l’alto tasso di imprenditoria femminile coincide con una maggiore difficoltà nell’accesso al lavoro dipendente. Ma se cala così drasticamente il numero di lavoratori e lavoratrici dipendenti e scende anche il numero di imprenditrici, si rischia di vedere aumentare la sotto-occupazione femminile, con evidente impoverimento sia delle opportunità economiche per l’Abruzzo, sia della stabilità finanziaria delle famiglie, e non da ultimo un arretramento del diritto della donna a riuscire pienamente anche nel lavoro. Il fatto che su 100 donne imprenditrici nate in Abruzzo, 17 lavorino fuori dalla regione di nascita la dice lunga sulle opportunità che stiamo perdendo”.

Gli strumenti che richiede la Confesercenti sono dunque chiari: “Occorrono strumenti finanziari e incentivanti dedicati all’autoimpiego con meccanismi di premialità per le donne – ha sottolineato Maria Lilia Toschi, responsabile amministrativa dell’Ufficio Credito di Confesercenti Abruzzo – perché se è vero che sul piano prettamente creditizio non vi sono particolari distinzioni fra imprese femminili e non femminili, si ravvede l’esigenza di strumenti incentivanti straordinari per superare il rischio di un ritorno alla sotto-occupazione delle donne”.

 

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