Alberi lungo le strade: in Abruzzo la strage continua

La silenziosa strage delle alberate stradali, i filari che caratterizzano i nostri territori, spesso di valenza storica e ancora più spesso elementi irrinunciabili del paesaggio, purtroppo continua.

 

La storia parte da lontano: gli enti proprietari delle strade, ANAS in testa, in virtù dell’art. 16 del codice della strada (D.lgs 285/1992) e del relativo regolamento di esecuzione e di attuazione (D.P.R. 495/1992, art. 26) – che, in realtà, vietano, sulle strade extraurbane, di piantare alberi sulle fasce di rispetto per una distanza di 6 metri dal ciglio stradale, ma non parlano di abbattimenti degli esemplari esistenti – periodicamente attivano campagne di tagli indiscrimitati, in nome di una presupposta sicurezza della circolazione.

Spesso l’avvio alla mattanza del patrimonio verde viene attivato da sentenze, tra tutte quella della Corte di Cassazione (Cassazione penale sez. IV – 15 aprile 2010 n. 17601), che, ribadendo il divieto di piantare alberi in una fascia di 6 metri dalla carreggiata stradale, ha riaperto il dibattito sulla necessità o meno di eliminare la vegetazione esistente, problematica già affrontata nel lontano 1966. In quell?’anno, infatti, a seguito della decisione dell?’ANAS di abbattere quasi tutti gli alberi adiacenti le strade di competenza sulla base della loro presunta pericolosità, il ministro dei Lavori Pubblici, con un?’apposita circolare, mise un freno agli indiscriminati abbattimenti e prescrisse le norme per garantire la ?“salvaguardia del patrimonio arboreo in rapporto alla sicurezza della circolazione?”, parlando, per la prima volta in un documento ufficiale, della necessità di realizzare, anche nelle strade di nuova costruzione, un vero e proprio ?“paesaggio stradale?”.

Ma gli Enti proprietari delle strade sembrano sordi ad ogni appello: nonostante le sentenze non impongano il taglio degli alberi ma chiedano che vengano protetti da appositi guard rail, preferiscono, letteralmente, eliminare il problema alla radice.

E così, in provincia di Teramo, ad esempio, sulla sola strada statale 259, che unisce i Comuni della Val Vibrata alla costa, sono già stati tagliati decine di lecci tra Nereto e S.Omero, e anche lo storico viale di tigli, che abbellisce il tratto di innesto con la statale adriatica, sembra avere già il destino segnato, nonostante si sia attivato un movimento di opinione, con associazioni, cittadini e parti politiche, contrario a tale eventualità.

In passato, già in data data 1 giugno 2011, a seguito della interrogazione parlamentare n.4-04511 relativa agli abbattimenti di alberi lungo le più suggestive strade italiane a seguito della sentenza della Corte di Cassazione del 2010, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti chiariva la sua posizione sottolineando che “la sentenza, riferendosi ad un singolo caso concreto, sembrerebbe non costituire enunciazione di principio generale” Di fatto, secondo il Ministro, la Corte suprema ha erroneamente interpretato le prescrizione contenute nell’articolo 26, comma 6 del regolamento di attuazione ed esecuzione del codice della strada come applicabili anche per gli alberi già impiantati lateralmente alle strade, al momento dell’entrata in vigore del codice della strada. Il Ministero concludeva che il problema delle alberature stradali “ si riduce, per così dire, a definire il regime temporale della disposizione”, ritenendo che gli alberi preesistenti possono rimanere ma non è possibile ripiantarne di nuovi . “Pertanto, ad avviso del Ministero, gli alberi impiantati prima dell’entrata in vigore del codice della strada, nelle fasce di rispetto ad una distanza inferiore ai 6 metri, non devono essere rimossi, né si deve provvedere alla rimozione degli alberi già impiantati lateralmente alla strada nella fascia di pertinenza. Ciò non toglie che gli alberi debbano essere adeguatamente protetti, così come tutti gli altri elementi, quali costruzioni, muri, pali e sostegni, potenzialmente pericolosi per gli utenti della strada, presenti sia nella fascia di pertinenza che in quella di rispetto.”

Una successiva circolare del Ministero dei Trasporti in data 10/06/2011, Prot. 3224 avente ad oggetto: “Richiesta di parere D.Lgs. 285/92 art. 14 – Alberi ubicati nelle pertinenze stradali” sottolineava che “Con riferimento al quesito in oggetto, si fa presente che la sentenza emessa dalla Suprema Corte di Cassazione del 07.05.2010, n. 17601 sembra comunque riferirsi al singolo caso concreto, non costituendo enunciazione di principio generale.”

La circolare del ministero continuava chiarendo che: “Tale lettura dell’art. 26 porterebbe a dire che gli alberi già impiantati prima dell’entrata in vigore del Codice della Strada, anche se non rispettassero la disposizione del c. 6 dell’ art. 26, ovvero la distanza minima dal confine stradale di 6 metri, non sarebbero comunque “fuorilegge”, poiché la norma impedisce di impiantare nuovi alberi ma non obbliga la rimozione di quelli esistenti. Pertanto, ad avviso dello scrivente Ufficio, gli alberi già impiantati, prima dell’entrata in vigore del Codice della Strada, lateralmente alla carreggiata nella fascia di pertinenza ad una distanza minore di quella prevista dall’ art. 26 c. 6 del Regolamento possono non essere rimossi. Ciò non toglie che gli alberi debbano essere adeguatamente protetti, così come tutti gli altri elementi, quali costruzioni, muri, pali e sostegni, potenzialmente pericolosi per gli utenti della strada, presenti sia nella fascia di pertinenza che in quella di rispetto”. Il Ministero specificava inoltre che occorre procedere a “l’installazione di dispositivi di ritenuta a protezione di ostacoli posti a bordo strada e/o prescrivendo una velocità di marcia ridotta.”

Quindi, già nel 1966 e ancora nel 2011 si riconosceva il valore delle alberate stradali, evidenziando quella che sembrerebbe un’ovvietà, ma che evidentemente per ANAS e altri no lo è: qualunque elemento lungo le strade è potenzialmente pericoloso (pali, muri, edifici, ecc.) ma tale pericolosità non si risolve radendo al suolo qualsiasi oggetto si trovi in una fascia di 6 metri, creando una sorta di circuito di formula 1, ma adottando sistemi di protezione passiva (guard rail) e, meglio ancora, prescrivendo idonei limiti di velocità. Infatti non è quasi mai l’albero, o il palo, o il muro, a provocare l’incidente, ma l’alta velocità, o l’imprudenza nella guida, che porta all’uscita di strada del veicolo con conseguenze spesso nefaste.

Ma, evidentemente, Interrogazioni Parlamentari e Circolari Ministeriali non bastano, anche se il 19 dicembre scorso la parlamentare del Movimento 5 Stelle, Valentina Corneli, ci ha riprovato, con una interpellanza rivolta al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, chiedendo “quali iniziative intenda assumere il Governo per evitare l’ulteriore dispersione di un tale patrimonio paesaggistico, che merita tutela ai sensi dell’articolo 7 della suddetta legge, contemperando la necessaria attenzione per la sicurezza con l’ineludibile protezione di un patrimonio dall’alto valore ambientale e storico;” e ancora “se il Governo intenda convocare in tempi rapidi un tavolo istituzionale con Anas per affrontare in modo costruttivo il problema, incentivando la graduale sostituzione delle piante realmente malate e stabilendo la manutenzione dei filari, non la loro completa rimozione, anche al fine di garantire un miglioramento della stessa sicurezza viaria e prevedendo al contempo la pronta riqualificazione dei tratti stradali oggetto degli interventi già portati a compimento.”

In attesa di una risposta del Governo, anche nel rispetto di quanto previsto dalla legge 14 gennaio 2013, n. 10 – Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani – che prevede esplicitamente, all’articolo 7, «la tutela e la salvaguardia degli alberi monumentali, dei boschi vetusti, dei filari e delle alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale» e dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (Decreto Legislativo 22 Gennaio 2004, n. 42), che, all’art. 136 indicano, come soggette a tutela per il loro interesse pubblico, «le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali», non resta che sperare che ANAS e altri Enti o Società (anche le autostrade, ad esempio, non sono esenti dalla furia antialbero), pongano fine al taglio indiscriminato di interi filari che, magari da secoli, caratterizzano i nostri paesaggi, fornendo utilissimi servizi ecosistemici (funzione antinquinamento, mitigazione del rumore, abbassamento temperature estive, barriera antivento, assorbimento acque superficiali, ecc.) ai territori.

E magari ci si augura che, in particolare ANAS, si rilegga la sua governance per la sostenibilità, dove si parla di “costante tensione della ricerca di un equilibrio tra il bisogno di opere infrastrutturali e la necessità di preservare l’ambiente e gli ecosistemi su cui queste insistono” e di “una Politica Ambientale, volta alla progressiva riduzione degli impatti anche attraverso scelte progettuali innovative, fonti energetiche alternative, macchinari a basso impatto ambientale e materiali eco-compatibili. Una Politica che si deve basare sempre di più su una comunicazione partecipata verso i cittadini.”

Il caso della statale 259 può essere una concreta applicazione di una governance esplicitata ma, nei fatti, poco applicata. Sicurezza e sostenibilità ambientale possono, e devono, coesistere, e se le vite umane sono importanti (e il rispetto delle norme del codice della strada, anche per i comportamenti alla guida, non è meno impattante delle distanze degli alberi dalle strade) lo è anche l’ambiente, che assicura il benessere, e spesso anche la sopravvivenza, di migliaia di cittadini.

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