“Il pericolo di inquinamento delle acque del Gran Sasso in termini di potenziale compromissione o deterioramento significativo e misurabile è palese dalla documentazione in atti, per le particolari condizioni riscontrate e per l’inefficacia delle misure di prevenzione sino ad oggi messe in opera”. Per la Mobilitazione per l’Acqua del Gran Sasso le parole contenute nell’ordinanza di sequestro delle captazioni presso i Laboratori di Fisica, a latere degli avvisi di garanzia ai dirigenti di INFN, Strada dei Parchi e Ruzzo, sono, purtroppo, la migliore sintesi di quanto denunciato da oltre un anno.
“Trovano conferma, così, tutti gli esposti depositati a partire da quello dell’aprile 2007 sul caso del rilascio di diclorometano dai laboratori nell’Agosto 2016, incidente rivelato per un caso fortuito solo a Dicembre 2016 – dicono gli ambientalisti – Nella documentazione emerge addirittura ‘Lo stato di generale abbandono se non di degrado’ di alcune porzioni dei Laboratori, come il nodo B, proprio dove ci sono le captazioni. Sconvolgono letteralmente le plurime contaminazione dell’acqua da Cloroformio, puntualmente segnalate fin dall’inizio nei nostri esposti, e che, secondo la Procura, non possono che venire dai laboratori”.
“E poi l’impermeabilizzazione mancante con vere e proprie “cascate di acqua” a pochi metri dagli apparati sperimentali con migliaia di tonnellate di sostanze pericolose come Borexino e gli interventi commissariali, costati 84 milioni di euro, “per gran parte incompleti” e “talvolta significativamente difformi da quanto progettato” – proseguono – Non possiamo che evidenziare, visto che lo ripetevamo dall’inizio, che per la sicurezza è fondamentale, “Limitare, quanto più possibile l’utilizzo e, comunque, la detenzione nei locali sotterranei dei L.N.G.S. di sostanze contaminanti (ivi comprese quelle pericolose, nell’ottica di un ormai improcrastinabile adeguamento al disposto di cui all’Art.94 del T.U.A.” (Testo Unico dell’Ambiente, si riferisce al divieto di stoccaggio di sostanze pericolose nei pressi dei punti di captazione di acqua potabile, ndr) come dice il giudice nell’ordinanza di sequestro”.
Dichiara Augusto De Sanctis, della Mobilitazione per l’Acqua del Gran Sasso: “Il Gran Sasso è uno dei patrimoni idrici più importanti in Europa e lo difenderemo sempre. Da aprile 2017 abbiamo depositato ben 5 dettagliatissimi esposti, fondati su leggi e migliaia di documenti raccolti con gli accessi agli atti. Abbiamo dato il nostro contributo fattivo alle indagini della Procura, dei NOE e dei CTU che ora mettono quelli che appaiono come dei punti fermi circa le gravi inadempienze dei principali soggetti coinvolti, INFN, Strada dei Parchi e acquedotto del Ruzzo. Uno squarcio su una condizione estremamente grave che riguarda 700.000 persone, una grande infrastruttura come l’A24 e uno dei laboratori di fisica più grandi e importanti al mondo. In questo anno quello che ci ha colpito di più è stato l’atteggiamento fideistico, pregiudiziale e anti-scientifico di tanti, troppi, che a livello nazionale ed internazionale, pur ignorando i fatti e i documenti, hanno preso posizione, ad esempio a favore dell’esperimento SOX. Figurarsi se, in un tale contesto di omissioni e confusione, avrebbe potuto svolgersi un esperimento del genere con quella quantità di sostanza radioattiva che non avrebbe fatto altro che violare ancor più gravemente la legge rischiando pure il sequestro. Ciò è l’esatto contrario allo spirito aperto con cui stiamo conducendo questa campagna. Proprio perché abbiamo un approccio scientifico non crediamo nei dogmi e sappiamo che tutti gli uomini, anche gli scienziati, possono sbagliare, anche gravemente. L’arroganza che abbiamo toccato con mano con Sox non è degna della scienza, che invece deve mostrarsi aperta, curiosa, critica senza mai addormentarsi sulle certezze e sull’ipse dixit. Quindi sono passate ricostruzioni non vere, che ignoravano palesemente quei documenti che raccontavano una realtà inoppugnabile sullo stato di insicurezza di uno dei principali laboratori al mondo”.
E conclude: “Ora seguiremo da vicino l’evolversi della vicenda e ci aspettiamo che le migliaia di tonnellate di sostanze pericolose siano allontanate dalla montagna più alta dell’Appennino, Parco nazionale che custodisce un patrimonio idrico unico, approvando contestualmente il Piano delle Aree di Salvaguardia delle Acque Potabili atteso da 12 anni. Auspichiamo che il Governo intervenga a tutti i livelli, da un lato assicurando le risorse economiche per le infrastrutture e dall’altro con interventi concreti sugli aspetti gestionali”.