Si è conclusa lo scorso mese l’operazione ambientale coordinata dalla Direzione Marittima di Pescara che ha visto impiegati gli uomini e le donne Guardia Costiera in attività di controllo e monitoraggio in materia ambientale: l’impegno profuso dagli uomini del Corpo, volto alla prevenzione e salvaguardia dell’ambiente marino in ogni sua forma, ha condotto alla rilevazione di 58 reati ambientali. L’operazione globale ambientale denominata “30 days at sea 3.0” si è svolta dal 1 marzo 2021 al 31 marzo 2021 sotto il coordinamento nazionale del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia del Ministero dell’Interno.
L’operazione, pianificata a livello internazionale dall’INTERPOL, ha visto la partecipazione di 67 Paesi in tutto il mondo, coinvolgendo – per l’Italia – anche tutti i comandi territoriali del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, a cui la normativa vigente riconosce specifiche competenze in materia di tutela dell’ambiente marino e costiero. L’operazione, che è stata preceduta da una fase di acquisizione d’informazioni, ha impegnato il personale del Corpo in complesse e intense attività operative e d’indagine, che hanno portato a livello nazionale all’effettuazione di oltre 20.000 controlli e all’accertamento di 620 illeciti ambientali (tra penali e amministrativi), per un ammontare delle sanzioni pecuniarie accertate di circa un milione e 200 mila euro. Molteplici le attività svolte con l’obiettivo di contrastare i crimini ambientali che mettono a rischio l’ecosistema marino: dal controllo dell’inquinamento prodotto dalle navi, all’esame del tenore di zolfo presente nei carburanti utilizzati; dal monitoraggio remoto del traffico marittimo attraverso sistemi tecnologicamente avanzati, alle ricognizioni con mezzi aeronavali e tecnologie satellitari. Un importante target ha riguardato l’inquinamento terrestre e fluviale con impatto sull’ambiente marino.
In tal senso sono state molte le criticità sulle quali si è intervenuti. È stata rilevata, in particolare, in alcuni casi, l’inadeguatezza degli impianti di depurazione, la presenza di scarichi idrici illegali e l’abbandono sul territorio di grandi quantità di rifiuti non correttamente trattati. Fenomeni, questi, che contribuiscono in maniera determinante ad accrescere la presenza in mare di plastiche e microplastiche. Gli accertamenti relativi all’inquinamento terrestre e fluviale hanno portato al sequestro a livello nazionale di circa 105.000 metri quadrati di superfici, equivalenti a 14 campi di calcio.
A questo riguardo l’attenzione si è concentrata anche sul traffico illegale dei rifiuti attraverso i porti e diretti all’estero, in violazione della normativa comunitaria e nazionale, anche con l’utilizzo di documentazione falsificata. Un’attività – questa – non solo illegale, ma che è causa di ingenti danni ambientali per tutti quei Paesi che sono vittime degli stessi traffici.