Lo ha dichiarato il Coordinamento No Triv, precisando che “del territorio Abruzzese oltre 4.200 kmq. sono interessati da istanze di permessi di ricerca; quasi 36 kmq. da richieste di estrazione di idrocarburi; oltre 1.000 kmq. da istanze di concessione di stoccaggio, per complessivi 10.763 kmq. In realtà il conto potrebbe essere più salato: le compagnie che oggi detengono un titolo per la sola ricerca su terra ferma potrebbero richiedere la concessione del titolo unico previsto nello Sblocca-Italia, con tutte le ricadute del caso. E a mare? Sono in dirittura d’arrivo Ombrina Mare 2, Elsa 2, Rospo Mare 2 (procedimenti in corso per la coltivazione). Senza contare le numerose altre istanze di ricerca pronte per essere trasformate in altrettanti permessi di estrazione. E poi il TAP, il grande ‘tubo’ con annessa centrale di compressione gas a Sulmona”.
Secondo il Coordinamento fondamenti per il ricorso ci sono tutti:
1) “un titolo concessorio unico in luogo di due titoli distinti: permesso di ricerca e concessione di coltivazione ad oggi sono autorizzati in un unico atto, cosa illegittima perché il titolo unico presuppone una dichiarazione di pubblica utilità che non c’è stata e non può esserci perché il giacimento avrebbe dovuto essere stato già scoperto, il che non è. Permesso e concessione sono due istituti completamente separati: il permesso di ricerca si configura come un limite al godimento della proprietà, mentre la concessione è costitutiva di nuove capacità, poteri e diritti”.
2) “l’estromissione degli Enti locali dal procedimento amministrativo che porta al rilascio del ‘titolo concessorio unico’: il Decreto Sblocca Italia non fa più menzione degli Enti locali e questo è soggetto a giudizio di legittimità. Si ricordi pure che dinanzi al TAR Lazio pende un ricorso avverso un permesso di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi, che verrà discusso il 27 novembre prossimo”.
3) l’intesa della Regione viene considerata dal decreto come un atto interno al procedimento amministrativo: una follia e in tempi di Federalismo! Ebbene, l’intesa della Regione, invece, è un atto ‘politico’, non un atto amministrativo: la Regione ha diritto di partecipare alle decisioni assunte in sede statale con l’intesa e, in caso di mancato accordo con lo Stato, potrebbe portare all’attenzione della stessa Corte il problema, provocando un conflitto di attribuzione.
Certo è che se la Regione vuole invece percorrere la strada del trucchetto esprimerà il suo parere in conferenza di servizi e automaticamente l’atto sarà imputato alla conferenza e non alla Regione. Ma questo sarebbe un atto di alto tradimento che non potrà passare impunito”.
ECCO LE DICHIARAZIONE DEGLI ESPONENTI DI MAGGIORANZA ALLA REGIONE ABRUZZO:
Mario Mazzocca, Assessore all’Ambiente della Regione Abruzzo (SEL, 25.7.2014): “L’Abruzzo non è e non sarà mai trasformato in un distretto minerario …Faremo tutto quanto in nostro potere, andando se del caso anche oltre le nostre strette competenze, per difendere il sistema ambientale abruzzese e il processo di sviluppo sostenibile che stiamo riattivando, e lo faremo solo con atti concreti sia dal punto di vista amministrativo che politico”. BENE!
Luciano Monticelli, Consigliere Regionale Abruzzo, Delegato Affari Demaniali dell’Associazione Nazionale Comuni d’Italia e già Sindaco di Pineto (PD, renziano della prim’ora, 12.4.2013): “Noi sindaci non possiamo più subire scelte che arrivano dall’alto e che incidono pesantemente sulle nostre comunità né possiamo rimanere impassibili di fronte allo scempio che si prospetta per territori ad alta vocazione turistica e dove l’agricoltura lavora da anni per produzioni di alta qualità”. BRAVO!
L’altro Luciano, D’Alsonso, prima e durante tutta la campagna elettorale ha giurato fedeltà all’Abruzzo Regione Verde d’Europa (verde dalla rabbia) e non all’Abruzzo Distretto Minerario della S.E.N.
Infine, il 22 settembre a Sulmona, così tuonava: “Non vogliamo perdere in maniera irrimediabile le bellezze dei nostri territori e del nostro ambiente, né vogliamo che si stabilisca un livello tale di rigidità nel sopra suolo e nel sottosuolo che faccia perdere bellezza a questo ambiente. Vogliamo che lo Stato non ci consideri dei camerieri”.
Per gli ambientalisti “dopo tanto straparlare volete darvi una mossa? V’è una sola strada da percorrere: adire la Corte Costituzionale contro la legge di conversione dello Sblocca-Italia. Alla legge manca poco: Renzi è una scheggia e non perde tempo in dialoghi e trattative. Gli elementi per un mega ricorso ci sono tutti: li mettiamo fin d’ora, per esteso e circostanziati con tanto di parere legale: nessuno domani potrà dire di non aver capito o che non si poteva fare. Vi date una mossa oppure no?”