È quanto presentato dal deputato di Sel Gianni Melilla, che chiede anche di conoscere quali siano state le iniziative assunte dalla rappresentanza diplomatica italiana in Russia e dai vari governi che si sono succeduti in 13 anni per avere la piena collaborazione delle autorità russe nelle indagini effettuate. Il parlamentare di Sinistra Ecologia e Libertaà chiede anche “quali siano state le conseguenze politiche e diplomatiche di questa vicenda”.
Il cadavere del giornalista di Radio Radicale Antonio Russo fu ritrovato il 16 ottobre del 2000 al villaggio di Udzharma, a 25 chilometri da Tiblisi, capitale della Georgia, che da pochi anni era diventata uno Stato indipendente, dopo aver fatto parte dell’Urss. Dall’autopsia risultò la natura violenta della morte di Antonio Russo, un assassinio particolarmente crudele e probabilmente preceduto anche da torture. “Antonio Russo – ricorda Melilla – aveva dichiarato prima di essere ucciso di essere in possesso di nuovo materiale video sulla guerra civile in Cecenia e sulle violenze commesse in Cecenia dai russi in aperta violazione dei diritti umani, tutelati a livello internazionale; l’appartamento in cui alloggiava il giornalista è stato trovato devastato e sono stati trafugati i documenti riguardanti il suo lavoro di inchiesta, il computer e il telefono satellitare”. Sempre secondo il parlamentare di Sel “secondo alcune fonti Antonio Russo avrebbe documentato l’uso di armi chimiche da parte russa contro la popolazione cecena, con possibili responsabilità del governo russo”.