Tanta, troppa la confusione che circonda i dati circolanti in questi giorni sulla qualità delle acque marine e sulle spiagge non balneabili a causa degli scarichi abusivi e incontrollati che sporcano fiumi, torrenti e, inevitabilmente il mare. Il paradosso più grande è stato il caso di Alba Adriatica, zona fregiata con la Bandiera Blu, dove una bambina è rimasta intossicata nei giorni scorsi dopo un bagno in acque zeppe di batteri fecali. La spiegazione è semplice: le bandiere sono assegnate a tratti di spiaggia ben definiti, ma del riflesso blu viene erroneamente ricoperto tutto il territorio circostante. E invece gli ambientalisti parlano di Abruzzo dalla Maglia Nera.
Nei rilevamenti sono coinvolti enti quali ministero della Salute, Regioni e per queste le agenzie regionale di tutela o protezione ambientale (Arpa per tutte, Arta per l’Abruzzo), e verso questi si muove la critica odierna sollevata dal Wwf abruzzese che sottolinea un errore di forma: il mancato controesame dei dati ministeriali con quelli regionali. “Il ministero ha usato i dati forniti dalla Regione”, recita una nota del Wwf Abruzzo, aggiungendo che “escludere dal calcolo delle conformità i tratti oggi vietati ma potenzialmente balneabili equivarrebbe a valutare lo stato di salute dei cittadini escludendo i malati gravi”.
Sia il rapporto rilasciato dal ministero lo scorso 17 giugno, sia la delibera regionale (CLICCA E SCARICA) su individuazione e classificazione dei tratti costieri potenzialmente balneabili (documenti basati entrambi su dati relativi al 2012) forniscono gli identici numeri per ciò che concerne le “non conformità”, riportando una percentuale del 15% delle stazioni di monitoraggio. Questo, per il Wwf, il primo difetto di precisione: “E’ importante”, dicono gli ecologisti, “aggiungere ai dati espressi in percentuale sulle stazioni, anche i dati (e le relative percentuali) sui chilometri di costa conformi, non conformi e chiusi, anche perché la densità di punti di campionamento varia da regione a regione”. I report illustrati, invece, si avvalgono di paragoni fra le varie regioni e poco approfondiscono sui singoli casi.
“Non reggono” commenta la nota del Wwf, “spiegazioni tese a dare interpretazioni discutibili circa le modalità di campionamento, anche rispetto alle altre regioni”, e da qui nasce la critica più strettamente mirata a chi esegue i campionamenti. “L‘Arta, come le agenzie di tutte le altre regioni”, sostiene ancora l’associazione del panda, “non monitora le aree del tutto vietate come le foci dei fiumi e i porti, aree non potenzialmente balneabili. L’Arta monitora tutti i tratti di costa individuati dalla Regione Abruzzo con Delibera Regionale come potenzialmente balneabili, compresi alcuni tratti a nord e sud delle foci fluviali. Tale situazione è simile a quella che si ritrova nelle altre regioni italiane. Pertanto queste aree che oggi sono critiche e che vengono giustamente inserite, spesso su richiesta dei Comuni perché potrebbero in futuro migliorare con interventi radicali sulla depurazione, non devono essere scorporate dal conteggio per aumentare la percentuale di stazioni conformi. Sarebbe”, chiosa il Wwf, “come voler valutare la condizione di salute di una popolazione escludendo dal conteggio i malati gravi”.
E nel tentativo di chiarire la fosca situazione, il Wwf evidenzia un ultimo dubbio su un caso sorto dopo le ultime polemiche sul tema: “Dalla scorsa settimana e fino a questa mattina, sul sito dell’Arta vi è un annuncio che avverte sull’indisponibilità dei dati aggiornati relativi a giugno 2013 per problemi tecnici non meglio specificati”.
“Quelli relativi ad aprile e maggio 2013”, conclude la nota degli ambientalisti, “comunque segnalano sostanzialmente le stesse criticità emerse nel 2012, tanto che l’Arta stessa aveva parlato il 9 maggio fa del 12 per cento delle stazioni non conformi per quest’anno, includendo correttamente le aree di criticità conclamata”.