A rivolgersi ai Ministeri dell’Ambiente e dell’Agricoltura sono l’assessore regionale alle Politiche agricole, Mauro Febbo e gli assessori provinciali Mario Lattanzio (Pescara), Antonella Di Nino (L’Aquila), Giovanni Staniscia (Chieti) e Giuseppe Di Michele (Teramo).
“Il tema – si legge nella comunicazione ufficiale – è divenuto a noi particolarmente caro, non solo per la doverosa rappresentatività che, come amministratori eletti, esercitiamo in nome degli agricoltori i quali, quotidianamente, ci riportano il loro disagio e le loro ormai insostenibili difficoltà economiche e di gestione aziendale, ma anche perché il problema dei cinghiali o, per meglio dire, il problema della complessità della gestione di queste popolazioni, oggi rischia di essere simbolo di una certa incapacità di governare i territori protetti e non. L’evoluzione del danno provocato dal cinghiale alle colture agricole a livello regionale ha assunto, nell’ultimo decennio, una tendenza esponenziale con conseguente aumento della spesa necessaria al compenso dei risarcimenti (circa 3.000.000 euro in Abruzzo solo nell’anno 2012). La concomitanza dell’estensione in Abruzzo di Aree Protette e di altri territori tutelati, in cui la caccia è vietata, che raggiunge quasi il 50% del complessivo territorio regionale e la localizzazione in queste aree della quasi totalità dei territori particolarmente vocati alla specie, condiziona fortemente gli interventi messi in campo dalle Province sui territori di competenza, limitandone, di fatto, l’efficacia. Occorre una strategia comune che preveda interventi coordinati sull’intero territorio regionale, ovvero entro e fuori le Aree Protette, come espressamente suggerito dal Ministero dell’Ambiente e dall’Ispra nell’apposita guida ‘Linee guida per la gestione del cinghiale nelle aree protette’. Nel 2005 il ‘Tavolo Tecnico regionale sul Problema Cinghiali’, composto dai funzionari tecnici della Regione, Province Abruzzesi e Parchi (Enti Parco Majella, Gran Sasso-Monti della Laga, Velino-Sirente), aveva elaborato il documento ‘Linee di indirizzo per la Gestione Coordinata delle popolazioni di Cinghiale finalizzata a limitare i danni provocati alle colture agricole nella Regione Abruzzo’ nel quale si ribadiva la necessità di operare in ‘unità di gestione’ definite su base ecologica e non geografica, ovvero che non tenesse conto dei confini amministrativi (Parco/Province), i cui interventi venissero gestiti e coordinati da tutti gli Enti gestori. Nello stesso documento, inoltre, venivano proposte le varie tecniche dirette e indirette utilizzabili al fine di limitare i danni prodotti alle colture agricole dal cinghiale, tra cui quella dei recinti di cattura e degli abbattimenti con metodi selettivi (girata e postazione fissa) ad opera di cacciatori appositamente addestrati, metodologie queste suggerite espressamente previste nel richiamato documento del Ministero e dell’Ispra. Alcune Province, acquisito il parere Ispra, hanno predisposto e approvato specifici Piani di controllo che prevedono interventi diretti ad opera dei Selecontrollori. Tali interventi, laddove adottati, hanno ridotto in maniera significativa i danni provocati alle colture agricole dal cinghiale. In provincia di Teramo, ad esempio, il danno si è ridotto del 24% mentre, nella Provincia di Pescara, laddove nel 2011 non si è intervenuto con i selecontrollori, l’ammontare dei danni all’agricoltura è aumentato di 100.000 euro. I Parchi, invece, autonomamente e senza un preventivo coordinamento con gli altri Enti coinvolti, hanno provveduto ad effettuare interventi di controllo delle popolazioni di cinghiali, mediante l’utilizzo di recinti di cattura. In più occasioni le stesse Province hanno espresso forti perplessità sull’utilizzo ed efficacia dei recinti, ritenendo tale sistema particolarmente cruento nei confronti di animali selvatici, costretti a numerose ore di forti stress, conseguenti alla cattura e alla costrizione nelle gabbie, prima di essere avviati alla macellazione. Appare evidente – prosegue la nota – che l’utilizzo di cacciatori ‘volontari’ con costi materiali totalmente a carico degli stessi, risulta praticamente a costo zero per l’Ente Parco, a differenza del metodo dei recinti di cattura che risulta invece significativamente oneroso. La Regione Abruzzo e le Province Abruzzesi non possono che rilevare nell’azione dei Parchi una chiusura che appare soprattutto di natura ideologica nei confronti delle metodologie proposte dalle Province e suggerite dal Ministero dell’Ambiente e dall’Ispra lamentando la mancanza di partecipazione degli Enti Parco a quel processo partecipativo necessario per il rispetto del principio della E-governance. Tali considerazioni appaiono coerenti con quanto contenuto nella Risoluzione n. 8-00003 approvata dalla XIII Commissione Agricoltura nella seduta del 19/06/2013, con la quale, tra l’altro, si impegna il Governo al coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali preposti e le associazioni interessate per l’individuazione di una strategia di sistema volta alla gestione della problematica in oggetto. La Risoluzione prevede, inoltre, che il Governo concordi, con le Regioni, una gestione operativa finalizzata al contenimento dei danni e alla promozione di specifiche misure di prevenzione degli stessi, destinando le risorse provenienti da Fondi Comunitari, attraverso l’istituzione di specifici bandi nei programmi di sviluppo rurale. La Regione Abruzzo ha già previsto nel P.S.R. 2007/2014, la misura 2.1.6 denominata ‘Interventi non produttivi-Sostegno agli investimenti non produttivi – terreni agricoli’ finalizzata al finanziamento di ‘interventi per il controllo della presenza di animali selvatici e la difesa delle attività agro-zootecniche’ volti alla prevenzione dei danni; nel 2013, che ha finanziato interventi per 650.000 euro. Inoltre la Regione, in virtù dell’alta percentuale delle sue aree protette, propone di sperimentare, in collaborazione con l’Istituto, modalità operative, finalizzate al controllo delle specie selvatiche ed al contenimento dei danni, tali che possano diventare strumento ad uso delle altre Regioni per la risoluzione del problema. Si chiede dunque al Ministero dell’Ambiente di farsi carico di un coordinamento tra i vari Enti competenti delle attività connesse ad una corretta gestione delle popolazioni di cinghiale”.