I finanzieri del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata (G.I.C.O.) de L’Aquila, su delega del Tribunale di Pescara, hanno eseguito un provvedimento di confisca emesso dal gip del Tribunale di Pescara, Maria Michela Di Fine.
La confisca, legata all’operazione ‘Rubicone’ del 2006 e che vedeva tra i principali indagati Tonino Paolo Savignano, ha riguardato beni (valutati all’epoca del sequestro, in circa 15 milioni di euro) collocati a Pescara, Francavilla al Mare e nelle province di Isernia (Frosolone) e Teramo (Corropoli e Colonnella) ed ha avuto per oggetto le quote di otto società (operanti nel settore del commercio di autoveicoli, della ristorazione, della commercializzazione di materiali per l’edilizia e della gestione di sale gioco), beni strumentali di diverse imprese e numerosi autoveicoli, già oggetto di sequestri di diversi fascicoli processuali che l’Autorità Giudiziaria di Pescara ha riunito, a carico di Tonino Paolo Savignano e altri.
Il sodalizio criminale, disarticolato nel 2006 dal Gico al termine di indagini di polizia giudiziaria conclusesi con l’esecuzione di 39 ordinanze di custodia cautelare, selezionava imprese in crisi economica, ne acquisiva la titolarità attraverso associati o terzi meri prestanome e le portava al fallimento con frode ai creditori dopo aver operato, in un circoscritto arco temporale, truffe a danno di società commerciali in buona fede.
I proventi venivano reimpiegati nell’acquisto di attività commerciali perfettamente inserite nel mondo economico legale ed anch’esse intestate a prestanome, ma di fatto gestite dal sodalizio facente capo a Savignano.
La sentenza afferma che “le modalità attraverso cui l’imputato Savignano operava di fatto all’interno di società commerciali, formalmente intestate a terzi ma ad esso riconducibili per la gestione, caratterizzate da continui mutamenti della compagine sociale, costituivano da un lato lo strumento principale per il reimpiego dei rilevanti proventi derivanti dalle attivita’ illecite nel settore del riciclaggio e dall’altro lo strumento per reiterare le medesime condotte delittuose, salvaguardando la propria personale responsabilità ad ogni livello”.
Il provvedimento giudiziario ha quindi stabilito che, “tenuto conto dei reati contestati e delle attività economiche illecite ricostruite attraverso l’attività di indagine e del valore dei beni in sequestro, del tutto sproporzionato rispetto alle condizioni economiche del Savignano alla luce dei redditi dichiarati nei periodi coevi alle operazioni di acquisizione di quote societarie e rilevazione di settori di attività economica, sussistono i presupposti per procedere alla confisca, trattandosi di beni acquistati con il provento delle attività delittuose accertate a carico dell’imputato, in assenza di giustificazioni sulla lecita provenienza delle risorse finanziarie utilizzate per rilevare le attività economiche che sono state riferite alla gestione di fatto del Savignano”.
L’imputato principale era già stato condannato alla pena di 4 anni e 6 mesi di reclusione per reati di associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta e documentale, all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, simulazione di reato, intestazione fraudolenta di valori e riciclaggio e reimpiego di denaro e beni di provenienza illecita.