Si tratta di report riassuntivi sui controlli effettuati sugli agglomerati con oltre i 2.000 abitanti equivalenti per l’intero 2016 e per il primo semestre 2017.
L’Abruzzo teoricamente tratta la quasi totalità del carico complessivo degli scarichi visto che solo il 3,6% non riceve trattamento.
Il problema è che quando arrivano agli impianti spesso ricevono un trattamento inefficace.
Nel 2016 sono stati svolti 578 controlli, di cui quasi la metà (244) nella provincia di Teramo, che hanno riguardato il 73% dei 207 impianti censiti, pari al 96,5% del refluo. Complessivamente il 27% dei controlli ha rilevato superamenti dei limiti tabellari (AQ 24%; CH 40%, PE: 30%, TE:21%). Poiché alcuni impianti sono stati controllati più volte, il dato clamoroso è quello relativo agli impianti che hanno avuto almeno un superamento, ben il 63%. I parametri più critici sono risultati l’Escherichia coli, il BOD5 e l’azoto ammoniacale.
Nel primo semestre 2017 i dati sono sostanzialmente paragonabili al 2016, con il 27% dei 318 controlli (di cui 151 a Teramo) con superamenti dei limiti (AQ:37%; CH:31%; PE:39%, TE:17%). Controllati il 68% degli impianti (140 su su 207) pari all’86% del refluo generato dagli abruzzesi. Interessante il dato delle sanzioni amministrative elevate nella provincia di Chieti, con il 50% dei controlli che ha portato a multe.
“Rispetto a questi dati vogliamo esprimere alcune osservazioni”, si legge. ” Se è pur vero che la stragrande parte del carico di reflui viene monitorata, una parte troppo consistente, circa 1/4, dei 207 impianti, non viene controllata, con lo sforzo concentrato sui depuratori più grandi. Inoltre nella provincia di Teramo si concentrano metà dei controlli e, di conseguenza, molti degli impianti del resto della regione ricevono spesso una sola verifica l’anno.
In una situazione come l’Abruzzo, con valori ambientali e paesaggistici diffusi, ci riferiamo ai Siti di Interesse Comunitario, e con iniziative turistiche capillari sul territorio, basti pensare agli agriturismo, anche un piccolo impianto malfunzionante può arrecare molti danni, ad esempio alle aree protette. Tra l’altro probabilmente la percentuale di non conformità salirebbe proprio perché sono impianti controllati molto di rado, neanche una volta l’anno.
I primi dati del secondo semestre 2017 non lasciano presagire nulla di buono. L’ARTA ha pubblicato le tabelle del terzo trimestre solo per L’Aquila e Teramo. Sconvolgenti, per sottolineare quanto appena detto, alcuni dati di piccoli comuni in aree di enorme pregio ambientale e turistico. A Castel del Monte, nel Parco Nazionale del Gran Sasso, in piena estate il 22 agosto i due depuratori Monte Croce e Madonna delle Grazie, avevano, rispettivamente, 11.000.000 di UFC/100 ml di Escherichia coli e 1.900.000 a fronte di un limite di 5.000 (!), mentre a Campo di Giove nel Parco nazionale della Majella il 5 settembre 2017 sono stati riscontrati 130.000 UFC/100 ml (sempre limite 5.000). Di Barrea e Pescasseroli nel parco nazionale d’Abruzzo abbiamo parlato ampiamente nei mesi scorsi.
Bene la pubblicazione di questi report da parte di ARTA ma non si può andare avanti così nella gestione della depurazione visto che non si nota alcun segnale di miglioramento”.
Controlli_depuratori_ARTA_scarichi_2016