Lo ha stabilito la Regione, recependo il documento tecnico elaborato da un gruppo di lavoro (coordinato dall’Agenzia sanitaria regionale) a cui hanno partecipato rappresentanti delle 4 aziende sanitarie locali abruzzesi. L’esame, che consiste in un semplice prelievo di sangue del neonato, sarà eseguito tra le prime 48-72 ore di vita del bambino.
Il campione verrà poi inviato al Centro regionale di Screening, istituito presso la Endocrinologia dell’Università di Chieti-Pescara, che già effettua le analisi per le altre 3 malattie oggetto di monitoraggio in Abruzzo: l’ipotiroidismo congenito, la fenilchetonuria e la fibrosi cistica. I
l centro clinico di riferimento, invece, è stato individuato nella Uoc di pediatria dell’ospedale di Pescara, che prenderà in carico il neonato risultato positivo, elaborerà il piano terapeutico assistenziale, ne seguirà il follow up e qualora necessario indirizzerà il neonato presso un Centro extraregionale. Per l’attivazione dello screening neonatale esteso, la Regione stanzierà annualmente circa 520mila euro, calcolati sulla media dei nuovi nati in Abruzzo, che si attesta a poco più di 10300 bambini l’anno.
Lo screening si aggiunge al piano di riorganizzazione del Registro regionale della Malattie Rare, attivato in Abruzzo nell’ultimo quinquennio e che registra, nel biennio 2015-2016, 310 nuovi casi di malattie rare, dato giudicato sottostimato dal gruppo di lavoro che ha elaborato il documento tecnico. Le più frequenti riguardano i disordini ereditari trombofilici, i difetti ereditari della coagulazione, l’emocromatosi ereditaria, la sclerosi laterale amiotrofica e le sindromi da duplicazione o deficienza cromosomica.
“Con l’avvio dello screening esteso sui neonati – commenta l’assessore alla programmazione sanitaria Silvio Paolucci – parte un importante progetto di prevenzione che consentirà di tranquillizzare le famiglie abruzzesi, in quanto si avrà la possibilità di intervenire immediatamente in caso di diagnosi di diverse malattie rare, scongiurando conseguenze che spesso portano purtroppo a gravi disabilità, e al tempo stesso riusciremo a disporre di dati più precisi, sui quali programmare anche le nostre azioni di governo clinico”.